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giovedì 18 luglio 2013

La svendita del Monte dei Paschi di Siena

La svendita del Monte dei Paschi di Siena


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"Come già temuto, il 12 luglio la maggioranza di centro-sinistra del Consiglio comunale, ha dato alla Fondazione MPS e alla Banca Monte Paschi di Siena il via libera all’abolizione del limite del 4% per le quote della Banca detenute da soci privati rendendo il Monte scalabile da chiunque ne abbia la voglia e i soldi. Il sindaco Valentini si è rimangiato tutti gli impegni assunti nel corso della campagna elettorale sul mantenimento di quel vincolo, impegni che gli hanno consentito di guadagnare quel risicato 2% con cui ha sopravanzato il suo antagonista al ballottaggio del 9-10 giugno. Così si è tranciata via l’ultima barriera del forte legame che da 500 anni legava il Monte dei Paschi e la comunità senese, che non era solo materiale, ma emotivo al limite dell’amore fisico, causa principale quest’ultimo - come per il sistema-contrada - del longevo successo della Banca.
In una mozione di sei pagine, la maggioranza di centro-sinistra ha sostenuto che l’ingerenza della politica nella banca e nella fondazione sia un rapporto contro natura, salvo poi dire il contrario in ognuna di quelle pagine, essendo queste tutte dedicate a ciò che la Fondazione e la Banca devono fare. Neanche la pudicizia di un pallido rossore per come quella “riserva di caccia” è stata ridotta in un decennio di assidue “ingerenze” della sinistra di lotta e di governo negli affari “strepitosi” della Banca e della Fondazione. De Bustis, Baldassarri, Mussari, Profumo, Viola, la gran parte dei membri dei Cda del Gruppo Monte e tutte le deputazioni della Fondazione, cos’altro sono state se non “ingerenze politiche” del PCI-PDS-DS-PD nella banca? Tutto quello fatto con l’approvazione entusiasta della sinistra (svendita dell’enorme patrimonio immobiliare per pagare dividendi agli azionisti in mancanza degli utili, finanza creativa, Banca Mantovana, Banca 121, Antonveneta, svendita della Cassa di Risparmio di Prato e di partecipazioni come nel San Paolo di Torino, in Mediobanca, nelle Generali) cos’altro è stato se non ingerenza della politica? Della “loro” politica ovviamente, non di quella della comunità. una mozione, quella della maggioranza, dove si eleva l’ipocrisia a livello di arte. La realtà è che mancano all’appello 20 miliardi di euro rispetto a quando, con la privatizzazione del 1995, la presunta sinistra ha preso in mano le sorti della Banca e della Fondazione.
All’atto della privatizzazione le azioni furono emesse a 4 euro, ma nel 1999, con l’ammissione alla Borsa, la quotazione schizzò a 5 euro (richieste d’acquisto pari a 10 volte l’offerta) grazie all'eccellente solidità ereditata dalla virtuosa banca pubblica. Se si fosse conservata la buona gestione della tradizione, il Monte varrebbe in borsa 60 miliardi (€5x12mld di azioni). Non si tratta di un’esagerazione: dopo ognuna delle tre grandi crisi dell’Italia unitaria, quella di fine Ottocento e del primo e secondo dopoguerra, mentre tutte le grandi banche private sparivano per una spericolata finanza “creativa”, il Monte, banca pubblica, estraneo ai grandi e piccoli scandali nazionali e locali, ne usciva ogni volta col patrimonio raddoppiato o triplicato. Bastava arrivare in salute e liquidità al momento in cui tutti chiudevano e il meglio poteva essere comprato a prezzi di liquidazione. Con la crisi attuale il Monte, se fosse restato quello di sempre, sarebbe diventato la più grossa banca d’Italia, una delle massime d’Europa e solo il cielo sa cosa oggi avrebbe potuto significare per la salute economica del Paese. Ora le azioni del Monte valgono solo € 0,20, ossia la Banca capitalizza solo 2,4 mld. In 10 anni ha perso il 95% del suo valore.
Ma c’è un’altra cosa ancora più preoccupante, visto il ruolo che questa pseudo-sinistra ha a Siena, a Firenze e a Roma. L’idea dell’abolizione del limite del 4% è venuta al presidente del Monte, Profumo. Poco dopo la stessa idea, ci dicono, è improvvisamente venuta alla Banca d’Italia,al ministero dell’Economia, alla BCE e alla Fondazione MPS, che ha ancora il 34% del capitale del Monte, e poi anche al PD e cespugli vari. Se 2+2 fa 4, vuol dire che si è trattato di un’ingerenza della banca nella politica, per giunta allegramente accettata. Ma se per il PD & C. l’ingerenza della politica nella banca diventa cosa turpe, mentre quella della banca nella politica è cosa buona e giusta, allora vuol dire che questa destra mascherata da sinistra porterà non solo Siena, ma l’intero Paese alla rovina. E non sarà impresa ardua visto che siamo già un pezzo avanti." Mauro Aurigi (Consigliere comunale M5S)

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