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PENSATOIO DI IDEE

sabato 20 luglio 2013

strage di Stato

“Via D’Amelio, strage di Stato”

PUBBLICATO DA MICROMEGA, 19.07.2013


Pubblichiamo un resoconto degli interventi al convegno “La mafia mi ucciderà ma saranno altri a volerlo” organizzato ieri a Palermo in ricordo del giudice Paolo Borsellino ucciso dalla mafia il 19 luglio 1992.

Salvatore Borsellino: “Spero che un giorno i giovani che lottano con me conoscano la verità”

“Quando finalmente si arrivò al dibattimento dei processi Borsellino quater e trattativa Stato-mafia credevo di essere arrivato al punto a cui avevo da anni anelato” ha detto Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso, al convegno organizzato da Antimafia Duemila. 

“Finalmente in aula di giustizia si analizzava quella trattativa che per tanti anni è stata solo presunta o pretesa, della quale io e i ragazzi delle Agende Rosse parlavamo da molto tempo prima. Credevo che si fosse realizzato ciò che mi sembrava impossibile: lo Stato che processa se stesso. Alcuni magistrati coraggiosi che mettono a rischio le loro vite sono arrivati a portare lo Stato alla sbarra. Ma è stato solo un illusione perché mi sono accorto che lo Stato poi assolve se stesso: è quello che è successo con la sentenza sulla mancata perquisizione del covo di Riina e con la sentenza di ieri al processo Mori che mi ha lasciato una profonda inquietudine. Mi inquieta che la sentenza sia stata emessa in così poche ore, a meno che non sia stata già scritta… è una sconfitta che aggiungo a un’altra subita negli ultimi tempi, e cioè la mia esclusione come parte civile al processo sulla trattativa Stato-mafia” ha continuato il leader del movimento delle Agende Rosse. 

“Ma io non mi arrendo e insieme ai miei giovani continueremo a combattere e a presenziare anche all’esterno dell’aula di giustizia, continueremo a sostenere questi magistrati coraggiosi che proseguono senza paura e senza lasciarsi intimidire, saremo sempre al loro fianco. Fortunatamente continueremo ad essere parte civile al processo sulla strage di via D’Amelio, perché pretendo di sapere che cosa è stato di quel depistaggio e da chi è stato ordito”. 

Salvatore Borsellino ha poi manifestato una sua ulteriore preoccupazione: “Ho paura che un giorno potrei sentire, come per il processo Mori, che anche la trattativa Stato-mafia non costituisce reato, che era necessaria per salvare i politici e che Paolo sia stato sacrificato sull’altare della ragion di Stato. Non potrei accettarlo. Spero che non succeda e che i giovani che lottano insieme a me possano un giorno conoscere la verità”.

Scarpinato: “Paolo, non ci fermeremo e prima o poi riusciremo a strappare la maschera dei vostri assassini!”

“Nelle parole che Paolo affida alla moglie Agnese ‘Mi ucciderà mafia quando altri lo consentiranno’ vi è tutta la solitudine impotente di chi sente che nessuno potrà proteggerlo”. Ha detto il procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato al convegno organizzato a Palermo da Antimafia Duemila. “Paolo era l’ultimo baluardo dello Stato dopo la morte di Falcone”. 

“In seguito al procedimento aperto contro di me a seguito della lettera indirizzata a Paolo l’anno scorso – ha raccontato Scarpinato – incontrando Agnese Borsellino mi ha confidato tra le lacrime ‘Non so se è stato peggio quello che abbiamo vissuto prima delle stragi o quello che siamo stati costretti a vivere dopo le stragi’. Una verità terribile di cui era stata costretta progressivamente a rendersi conto, quella stessa verità terribile che aveva cancellato quel sorriso scanzonato di Paolo che lo aveva accompagnato fino a qualche tempo prima. E io ad Agnese ho rinnovato la stessa promessa fatta nel 1992 davanti al corpo carbonizzato del marito – ha concluso tra gli applausi il procuratore generale di Palermo – costi quel che costi, Paolo, non ci fermeremo e prima o poi riusciremo a strappare la maschera dei vostri assassini!”.

“E' preoccupante come ancora oggi sia ancora in pieno svolgimento la guerra contro l’informazione e il sapere sociale sulla mafia, mistificata e manipolata nonostante la celebrazione di decine e decine di processi come quello a Giulio Andreotti, o della trattativa Stato-mafia” ha detto Scarpinato. “Il binomio mafia e potere e i tanti delitti politici sono considerati un tema scabroso, al quale si aggiunge la rimozione, nelle commemorazioni pubbliche, vengono eliminati tutti i possibili riferimenti al coinvolgimento del potere nelle vicende di mafia”. 

“Ogni anno alla commemorazione dell’omicidio Mattarella – ha continuato il procuratore generale di Palermo – si tace sistematicamente sul fatto che a volere la sua uccisione sono stati Giulio Andreotti, personificazione stessa dello Stato, Salvo Lima, i fratelli Salvo ei massimi rappresentanti del la classe dirigente siciliana”. “Perché dunque meravigliarsi – si è chiesto Scarpinato - se si tenta di chiudere lo spinoso capitolo delle stragi del ’92 e ‘93 raccontandolo come una storia tragica dovuta al solo scellerato delirio di onnipotenza di personaggi come Totò Riina? Perché dunque meravigliarsi del malcelato fastidio e dell’intolleranza dimostrata nei confronti del lavoro di quei magistrati che hanno proseguito nel cercare la verità?”. “Sono solo la parte visibile di un iceberg sommerso nelle profondità di ben più terribili segreti che si annidano dietro le nostre stragi”.

Ingroia: “Lo Stato non vuole la verità e colpisce i suoi magistrati migliori”



“La magistratura che cerca la verità è oggi un corpo estraneo allo Stato. Quei magistrati che indagano, che applicano la costituzione, vengono presi a colpi di provvedimenti disciplinari. Alcuni vengono colpiti semplicemente perché hanno descritto la verità delle cose, così come è stato con il provvedimento disciplinare nei confronti di Scarpinato e Di Matteo. Poi vengono avanzati conflitti di attribuzione per screditare il lavoro, oppure tirate fuori vecchie storie come è successo con Messineo, solo perché ha presenziato al processo sulla trattativa Stato-mafia. E il messaggio che si dà è che chi entra in quel processo pagherà comunque un prezzo sia esso giudice inquirente che giudicante. Diventa un messaggio al prossimo procuratore di Palermo per far capire quel che accadrà qualora appoggerà o darà il proprio sostegno a certe inchieste”.

“La strage di via D'Amelio è una strage di Stato”. Lo ha detto l'ex pm Antonio Ingroia al convegno alla Facoltà di Giurisprudenza a Palermo in ricordo del giudice ucciso dalla mafia Paolo Borsellino. “In passato avevo detto che eravamo entrati nell'anticamera della verità, poi che eravamo nella stanza ma che qualcuno aveva tolto tutte le luci. Ora mi rendo sempre più conto che in quella stanza è stato creato un nuovo muro di gomma e per questo è importante agire dal basso”. “Noi sapevamo dal principio che dietro la strage di via D'Amelio vi fosse altro così come Borsellino sapeva che dietro la morte di Falcone vi fosse altro. E come è accaduto per i diari di Falcone anche l'agenda di Borsellino è stata fatta sparire mettendo in atto depistaggi di Stato che, come è sempre accaduto nel nostro Paese, coprono stragi di Stato”.

"Per arrivare ad una verità sulle stragi in Parlamento è necessario che la Commissione parlamentare antimafia consenta per la prima volta la partecipazione delle associazioni dei familiari delle vittime di mafia e delle associazioni come le Agende Rosse che si impegnano nella lotta alla verità". A proporlo è l'ex pm Antonio Ingroia intervenuto presso la Facoltà di Giurisprudenza a Palermo dove è in corso il convegno di Antimafia Duemila in memoria di Paolo Borsellino. "Si può fare intervenendo sulla legge così come all'unanimità è stata accolta questa commissione ammettendo tra i punti da discutere la trattativa, pur indicandola erroneamente come presunta. Anche la relazione Pisanu doveva occuparsi di trattativa ma si è conclusa con un'autoassoluzione della politica su quei fatti. Per questo si deve chiedere con forza, anche dal basso con una raccolta firme chiedendo che non vi sia una Commissione antimafia senza la partecipazione della società civile".

Lodato: “Nel nostro Paese è vietato chiamare in causa lo Stato”



“Un altro divieto è quello di pretendere che venga posta la parola fine alla storia criminale infinita che vede la mafia come protagonista. In oltre sessant'anni il nostro Pese è stato martoriato dalle stragi e tutti abbiamo capito che dietro c'è dell'altro ma parlarne è vietato”. Così è intervenuto il giornalista Saverio Lodato intervenuto al convegno Paolo Borsellino: “La mafia mi ucciderà ma saranno altri a volerlo” organizzato da Antimafia Duemila nell’atrio della Facoltà di Giurisprudenza a Palermo. “Vogliamo sapere chi ha detto a Giuliano di sparare a Portella della Ginestra, chi ha suggerito di uccidere Mattei e De Mauro, sapere cosa c'entra Androetti con la morte di Sindona, sapere la verità su quella di Calvi e sulle stragi del 1992-1993. Siamo in attesa di ritrovare i documenti di dalla Chiesa, dei diari di Falcone, dell'agenda rossa di Borsellino che per lo Stato non è mai esistita nonostante le testimonianze di tutti i familiari ne certificassero l'esistenza. Oggi possiamo dirlo è vietato chiamare in causa lo Stato e men che mai parlare di patto Stato-mafia prima dopo e durante le stragi. E su certe verità, lo abbiamo capito, si preferisce non indagare tanto da non essere gradite al Capo dello Stato che ha posto una saracinesca qurinalizia sul cammino verso di essa”.

“La lotta alla mafia in Italia appare come una lotta di divieti”. A dirlo è il giornalista Saverio Lodato intervenuto al convegno di Antimafia Duemila in memoria di Paolo Borsellino “La mafia mi ucciderà ma saranno altri a volerlo”. “E' vietato in Italia farsi domande sul perché la mafia oggi esiste ed è viva e vegeta, anche se la risposta appare semplice in quanto è la politica che vuole che ci sia e continui ad esserci”. Lodato ha poi continuato: “Questo è il primo divieto, permanente ed effettivo nonostante le valanghe di morti, processi, stragi, parole di mafiosi protagonisti di quelle vicende, parole dei pentiti e quant'altro. A parole sono 60milioni di italiani a voler vedere la mafia sconfitta. Tuttavia in questi anni ha fatto comodo riconoscere ai cittadini il diritto di indignarsi ed emozionarsi solo quando le impennate criminali superano una certa soglia lasciando la lotta alla mafia più agli addetti ai lavori. E così abbiamo assistito alle abbuffate emozionali volute dall'alto da consumarsi in giornata solo in determinati periodi”.

Teresi: “Il processo sulla trattativa Stato-mafia non si fermerà, chi non lo vuole si rassegni!”



“Viviamo in un contesto complesso e articolato, nel quale cerchiamo di muoverci con rinnovato impegno che però a volte porta un po’ di stanchezza” ha esordito così il procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi nel suo intervento al convegno in memoria di Paolo Borsellino. Tuttavia “Sono stanco di vivere in un Paese in cui è necessario predisporre misure di protezione sempre più rigide per dei magistrati che fanno solo il proprio dovere, cercando la verità su fatti complessi e gravi che incidono sulla scena politica recente e che vede dispiegarsi gli effetti sulle vicende politiche attuali”. 

“Alcuni magistrati – ha continuato il procuratore aggiunto palermitano – sono presi di mira dal doppio fuoco degli attacchi strumentali e intimidatori, da lettere anonime che disvelano presunti punti deboli nel sistema di protezione predisposto dallo Stato, così come strani e inquietanti introduzioni nelle case, marcatamente provocatorie. I colleghi che lavorano con me per portare a termine il processo, e anche chi c’era prima di me, lo hanno fatto e lo fanno tuttora solo in nome di un irrinunciabile desiderio di verità e di un tacito patto di attaccamento e amicizia verso i morti per mano non solo mafiosa”.

Il procuratore Teresi si è poi detto preoccupato per “Quelle polemiche e prese di posizione di chi crede di avere già in tasca tutte le risposte, che crede di poter disorientare l’opinione pubblica meno attrezzata in materia di cultura giuridica e quella degli addetti ai lavori. Ma temo che al di là di ciò esiste una larga fetta di pensatori che questo processo non lo vogliono. Prego tutti di fermarsi, di lasciare lavorare quei giudici. Quel processo si sta facendo e si continuerà a fare fino alla sua naturale conclusione, qualunque cosa possa essere. Lo porteremo a conclusione oltre gli attacchi, le prese di posizione, le provocazioni, oltre le intrusioni nelle case, oltre le lettere anonime per quanto allarmanti siano. Siamo consapevoli – ha terminato Teresi – che gli attacchi proseguiranno più pesanti e inquietanti, in un clima sempre più fosco, ma il processo sarà portato a termine e chi non lo vuole si rassegni!”.


fonte  http://temi.repubblica.it/micromega-online/via-damelio-strage-di-stato/

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