di Angela Pastore e Rocco Perrone
Trivelle
Le estrazioni di petrolio in Val d’Agri hanno deluso le aspettative occupazionali. Nel frattempo a pagare è l’ambiente. E le compagnie chiedono di raggruppare la produzione.
Dovevano portare ricchezza e lavoro. Invece le estrazioni petrolifere in Val d’Agri rappresentano l’ennesimo miraggio occupazionale per una regione che nel frattempo, dati Istat, è diventata la più povera d’Italia: in tutto il settore del greggio gli occupati diretti residenti in Basilicata, secondo il rapporto Eni del 2012, sono appena 143 e nell’indotto 668. «Noi dicevamo che il petrolio avrebbe avuto uno scarso impatto occupazionale – dice Ennio Di Lorenzo, presidente del circolo di Legambiente Val d’Agri – e questo si è puntualmente verificato.
In più dopo 15 anni lamentiamo ancora un monitoraggio poco chiaro da parte dell’Eni, con una quantità di dati insufficiente. Un vero monitoraggio in pratica non c’è mai stato». L’impatto occupazionale delle trivelle è basso ma quello sull’ambiente è tutt’altro che irrilevante. Muore la fauna nel lago del Pertusillo, ogni tanto i livelli di zolfo e benzene nell’aria crescono ma di numeri certi sull’inquinamento e sull’aumento di tumori dovuti alle attività petrolifere non ce ne sono.
registro tumori in Basilicata |
Serbatoio d’Italia
Eppure il contributo della Basilicata al fabbisogno energetico nazionale è notevole: da qui viene il 75% del petrolio estratto in Italia, di questo il 99% è estratto proprio in Val d’Agri dove circa mille chilometri quadrati sono dati in concessione per l’estrazione, ma l’area potrebbe aumentare nei prossimi anni. Infatti ci sono altri 1.454 kmq dedicati ad attività di ricerca e le richieste di nuovi permessi, in corso di valutazione al ministero dello Sviluppo economico, riguardano 2.833 Kmq. Ed ecco, quindi, che svanisce l’ottimismo degli anni Novanta e cresce il malcontento. Sei sindaci a gennaio hanno annunciato le proprie dimissioni, poi ritirate: a fronte dello sfruttamento delle risorse della zona, i Comuni di Sarconi, Montemurro, Spinoso, Grumento Nova, Paterno e Tramutola «chiedono il giusto riconoscimento in termini occupazionali, una distribuzione equa delle royalty dirette, la tutela ambientale e un rigoroso monitoraggio», hanno annunciato in una conferenza stampa i primi cittadini. Ma ciò che più lamentano è «l’assenza di governance, di dialogo costruttivo e limpido con gli enti superiori», come ribadisce Vertunni, sindaco di Grumento. Mentre i primi cittadini chiedono aiuto, la giunta regionale si riunisce e si scioglie puntualmente, con scandali e dimissioni. L’instabilità politica – a novembre si voterà per il rinnovo del Consiglio regionale – e l’assenza di coordinamento fra gli enti e di un piano di sviluppo di medio-lungo termine non favoriscono le contrattazioni con Eni e con le altre aziende partecipate. L’ultima trattativa di Eni con i Comuni è andata in scena fra giugno e luglio in previsione dell’aumento della produzione, grazie alla realizzazione della quinta linea di trattamento presso il centro oli di Viggiano: la società elargirà ai Comuni appartenenti all’ex Comunità montana Alta Val d’Agri circa 17 milioni di metri cubi di gas all’anno. Questi serviranno per ridurre o azzerare la bolletta dei cittadini, rendere indipendenti gli edifici pubblici, cercare di creare occupazione grazie alla gestione diretta della materia prima. «Più che sui termini tecnici dell’accordo mi piace sottolineare – ha dichiarato Giuseppe Alberti, sindaco di Viggiano, che ha lavorato all’accordo – come per la prima volta i Comuni hanno contrattato con l’Eni in una logica di sistema e come un soggetto univoco ». Caso più unico che raro visto che i Comuni si sono spesso mossi in autonomia.
Royalty inique
A far gola sono le royalty, la cui disparità nella distribuzione è evidente: se Viggiano, che ospita il centro oli Eni, nel 2012 ha ricevuto 8.500.000 milioni di euro, Grumento, che dista in linea d’aria circa 10 km, ne ha ricevuti 2.300.000, Marsicovetere a un’altra manciata di chilometri non ha ricevuto nulla, ed è il motivo per cui oggi il sindaco di questo comune vuole le estrazioni (leggi l’intervista a destra). Le royalty complessive elargite ai Comuni in tutto il territorio regionale nell’ultimo anno ammontano a 120 milioni di euro. In Regione arrivano frequentemente richieste per nuovi sondaggi da parte di molte compagnie, non solo le più grandi, nonostante nel 2012 il governatore Vito De Filippo abbia firmato la moratoria per il no a nuove autorizzazioni, contrastando il governo Monti che avrebbe voluto raddoppiare il numero di barili estratti. Un braccio di ferro che si è concluso lo scorso 3 giugno, quando la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 37 della legge della Regione Basilicata n.16 dell’8 Agosto 2012 accogliendo il ricorso del presidente del Consiglio dei ministri, perché tale norma si «porrebbe in contrasto con i principi generali dettati dallo Stato in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia ». Quindi nuovi territori sono presi di mira dalle multinazionali dell’oro nero, per esempio il monte Vulture. Dove sgorgano anche alcune acque minerali e si produce il celebre vino Aglianico.
Elemosina patentata
L’unico vantaggio per la popolazione finora è stato il “bonus idrocarburi”. Si tratta di una tessera personalizzata che offre dai 120 ai 140 euro annui da spendere in benzina. E detta così sembra anche un bell’aiuto.
Eppure lo scontento è forte. La prima pecca è che il bonus può essere richiesto esclusivamente dai cittadini lucani in possesso di patente di guida (nel 2012 hanno fatto domanda 319.000 persone, ovvero circa il 95% dei patentati). La seconda è che la benzina in Val d’Agri costa di più rispetto anche ad altre zone della provincia di Potenza (lo scarto è fra gli 0,10 e gli 0,20 euro).
Il terzo dato è anche più preoccupante: per questa iniziativa sono stati spesi finora 55 milioni di euro (3 dei quali solo per la stampa delle tessere magnetiche). Le motivazioni dei detrattori del “bonus” sono chiare: tale somma poteva essere un vero aiuto se impiegata in modo strutturato e unitario, senza dividerla in piccole “boccate d’ossigeno” per le famiglie. Mentre viene trascurato tutto il resto, a cominciare dalle attività culturali.
L’associazione Liberascienza, in un manifesto sottoscritto da associazioni, fondazioni e cittadini, in alternativa alla bonus card idrocarburi propone di «fornire a tutti i cittadini residenti in Basilicata una “Bonus Card Cultura”. In questo modo i 55 milioni di euro rimarrebbero in Basilicata invece di finire di nuovo nelle casse delle compagnie petrolifere. Ma si può fare ancora di più. «Le prospettive nuove non manche- rebbero – riprende Ennio Di Lorenzo di Legambiente – ma sono riconducibili a un cambio di approccio da parte dell’Eni rispetto al territorio e alla popolazione. Un nuovo approccio che coinvolga maggiormente i cittadini nelle dinamiche di sviluppo sostenibile e che sia innovativo, che sappia cogliere – conclude l’ambientalista – quello che la Val d’Agri ha dato in termini di risorse agli interessi nazionali e di un solo imprenditore, l’Eni, che deve ancora tanto a questo territorio e alla sua popolazione».
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