spirito critico

PENSATOIO DI IDEE

lunedì 2 settembre 2013

IL MARTIRIO DEGLI INNOCENTI

Ignobile Occidente: usare i bambini per uccidere innocenti
scritto il 02/9/13




dramma siriano 

I bambini, sempre loro: finirà mai la ignobile speculazione sui bambini, vittime di guerra, per giustificare nuove guerre? Indimenticabile, nel 1999, la frase dell’allora ministro della difesa, Piero Fassino: «Solo chi non ha guardato negli occhi un bambino kosovaro è contrario all’intervento militare». E l’Italia intervenne, sulla base di una potente campagna di disinformazione anche diplomatica e politica. E fu la guerra del Kosovo, o l’ultima guerra dei Balcani, dove la più grande coalizione militare mai vista nella storia (19 Stati) si scatenò contro quel che rimaneva della Repubblica Federale di Jugoslavia, che nella propaganda veniva chiamata (un po’ sprezzantemente) “la Serbia”, colpevole di essere l’ultimo Stato che orgogliosamente si dichiarava socialista nel cuore d’Europa; uno Stato grande come un paio di regioni italiane. Da allora, ricorda Angelo d’Orsi,  il copione della giustizia sommaria è stato ripetito in modo spietato, anche sfruttando l’emozione dell’opinione pubblica, cui viene offerto lo spaventoso “trofeo” dei bambini uccisi.

Bernard Henri-Levyvi
Nel caso del Kosovo, la “comunità internazionale” aveva stretto i serbi in un assedio diplomatico, poi aveva imposto condizioni inaccettabili a Kosovo, profughi Rambouillet – per poter accusare Milosevic di averle rifiutate – e ormai avendo la Nato sostituito pienamente l’Onu (non il Patto Atlantico, ma la struttura militare dell’Alleanza), si procedé alla “punizione” dei serbi, invocata a gran voce da autorevoli intellettuali, come Barbara Spinelli e Daniel Goldhagen. «Fu una classica guerra ineguale, asimmetrica, che oltre a distruggere l’economia serba e le infrastrutture fece diecimila morti, la gran parte civili, trattandosi di guerra esclusivamente aerea», scrive d’Orsi su “Micromega”. Si trattava di «dare un esempio, impartire una lezione, o semplicemente “punire”chi osava non piegare la testa ai diktat di chi ormai era rimasto il solo padrone del mondo». Il Muro di Berlino era stato abbattuto giusto dieci anni prima: «Si festeggiava così, quel decennale, cancellando l’anomalia jugoslava, l’ultima falce e martello nel continente».

A Milosevic furono disegnati i baffi di Hitler, e l’intellettualità europea fece a gara, a braccetto con la diplomazia angloamericana, nel tratteggiare paragoni storici: i kosovari erano i nuovi ebrei, i serbi i nazisti. «E il richiamo alla Seconda Guerra Mondiale imperversò: quella era stata la guerra giusta per antonomasia, la guerra delle democrazie contro le dittature». E attenzione, «nei richiami si ometteva l’Urss di Stalin, vera vincitrice della guerra, con i suoi 22 milioni di morti: ma tant’è, nell’officina della propaganda non si va per il sottile». Anche allora, contro i nazi-serbi, la guerra era “giusta”. «Mentre tanti negavano fosse una guerra, ma una benefica operazione di salvezza, di peacekeeping, Norberto Bobbio si spinse a definirla “etica”, cadendo in uno dei peggiori incidenti teorici della sua onorata carriera di filosofo». E mentre l’aggettivo “umanitario” si sprecava, Bernard Henri-Levyvi fu chi fece di peggio: «Il letterato George Steiner etichettò quel conflitto come “altruista”».



 Colin Powell



Alcuni di quei superbi cantori della moralità della guerra sono usciti di scena, continua d’Orsi, mentre altri restano e imperversano: a cominciare dal solito Bernard Henri-Lévy, «che qualcuno continua a prendere sul serio», nonostante non sia altro che «una figura macchiettistica del sottobosco mediatico». Dal “Corriere della Sera” del 28 agosto 2013, Herni-Levy tuona: «L’Occidente salvi l’onore in Siria»). Sempre sul “Corriere”, interviene anche Michael Walzer, uno che «dalla sua cattedra di Princeton ha filosoficamente approvato tutte le guerre americane dell’ultimo venticinquennio, dissotterrando appunto la categoria medievale di “guerra giusta”». Onore, punizione: Walzer ha già deciso che a usare i gas sia stato Assad, e sostiene che l’impiego dei gas tossici «non può restare impunito». Ovvero: «È una questione morale prima che politica e di diritto. Occorre stabilire un precedente, in modo che tragedie come queste non si ripetano mai più. Basta con le vittime civili innocenti».

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