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PENSATOIO DI IDEE

martedì 3 settembre 2013

L’attacco americano alla Siria è ormai cosa certa


La possibile ritorsione siriana allo Strike americano


Scud_Launcher







L’attacco americano alla Siria è ormai cosa certa. Così come è certa la partecipazione di britannici francesi e turchi. Gli americani inizieranno, come accaduto in Libia, con un barrage di missili Tomahawk diretti contro i siti di comando e controllo delle forze armate siriane e simultaneamente contro le postazioni fisse a lungo raggio della difesa aerea siriana, compreso l’ultimo radar di allerta precoce (EWR) ancora operativo, posto nella parte occidentale del paese. Probabilmente verrà bombardata il bunker di comando e le caserme della 4ª divisione corazzata siriana comandata dal fratello del Rais siriano, composta in prevalenza da Alawiti, vero zoccolo duro delle forze fedeli ad Al Assad. Anche gli aeroporti principali delle regione di Damasco e della zona costiera di Latakia potrebbero essere bersagli dello Strike, mentre il palazzo presidenziale di Damasco potrebbe non essere un obiettivo in questo raid che, in teoria, si annuncia come limitato nel tempo e di precisione chirurgica (ne dubitiamo fortemente)
La vera questione ora è: come, e se, risponderà al raid Americano? In prima istanza Al Assad ha il diritto di eseguire una rappresaglia. Nessuna risoluzione del Consiglio di Sicurezza lo ha sanzionato, ma come reagire nel modo politicamente e strategicamente migliore?
I nostri analisti ritengono che sarebbe un gravissimo errore, sia strategico che politico, un eventuale attacco nei confronti dello stato di Israele. Israele non è coinvolto nell’attacco programmato dagli Stati Uniti e ergersi a nemico n.1 di Israele non gioverebbe ad A Assad anzi, la reazione dello stato ebraico potrebbe determinare la caduta del regime.
Stesso discorso per la Giordania. Il regno di re Abdullah ha dichiarato che non sarà la “piattaforma di lancio” per un attacco alla Siria. La Giordania risponderebbe dando massimo supporto ai ribelli mettendo ancora più nei guai Al Assad.
Alla Siria rimangono solo due opzioni valide per rispondere allo Strike alleato.
La prima consiste nel tentare di attaccare il naviglio militare americano con i missili antinave russi Yakhont. Tuttavia dubitiamo che la 6ª flotta Usa spinga le proprie navi talmente vicino alla costa da essere nel raggio di azione delle batterie missilistiche costiere di Al Assad. Esistono tuttavia mezzi alternativi per attaccare il naviglio nemico della Siria. In primo luogo con missili antinave montati su caccia, un secondo metodo molto meno ortodosso potrebbe essere quello di portare un missile antinave a corto raggio (un Exocet ad esempio) a bordo di una nave civile, farla avvicinare sufficientemente al bersaglio e tentare il colpo.
Il secondo bersaglio della rappresaglia è quello secondo noi più premiante per la Siria: parliamo della base aerea di Incirlik in Turchia. Incirlik potrebbe essere un bersaglio legittimo poiché base delle forze aeree che attaccheranno la Siria, così come è altamente probabile che alcuni aerei che bombarderanno la Siria nella seconda fase dell’offensiva partano proprio da Incirlik. La Turchia sembra inoltre voler avere ruolo attivo nello Strike.
Un altro aspetto da valutare è l’ostilità aperta del popolo turco ad una guerra contro Al Assad, il governo turco potrebbe trovarsi alle prese con una mobilitazione nazionale contro la guerra e contro il governo Erdogan. Mobilitazione che il governo turco potrebbe reprimere con molta durezza aprendo un fronte interno alla Turchia che indebolirebbe in maniera significativa il gruppo dei paesi alleati contro la Siria di Al Assad.
Quindi, se Al Assad dovesse ordinare una rappresaglia, secondo i nostri analisti l’unico obiettivo che potrebbe dare un doppio guadagno, sia strategico-militare, sia politico è la base aerea turca di Incirlik e il mezzo per la rappresaglia non può essere altro che i missili balistici mobili che Al Assad possiede in numero sufficiente per saturare le difesa antimissile americane nel sud della Turchia.


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