spirito critico

PENSATOIO DI IDEE

mercoledì 4 settembre 2013

L'ULTIMO RICATTO

Berlusconi, l’ultimo ricatto: “Governo giù prima del voto in giunta”

L'ultima mediazione di Letta (Gianni) al Quirinale, poi l'ufficio di presidenza del partito: il Pdl è pronto all'assalto finale. Passa la linea dei falchi, ma una parte del partito è pronta sostenere il bis di Letta (Enrico). Ma Napolitano ha poche carte per formare maggioranze alternative. E c'è chi già indica possibili date per il voto anticipato. Franceschini: "Basta minacce quotidiane"

Silvio Berlusconi
La maggioranza di grande coalizione – sostenuta da Berlusconi – non ha più senso, secondo il Cavaliere, se verrà cacciato dal Parlamento. Anzi, la strada per una sua “agibilità politica” assomiglia sempre di più a un imbuto e così parte l’operazione “alta tensione”: surriscaldare il clima, tirare la corda, minacciare scatafasci, lanciare ultimatum. L’ultimo: “Giù il governo e andiamo alle elezioni a novembre”. In giornata Gianni Letta tenterà di allacciare l’ultimo canale con il Quirinale – peraltro irritatissimo dalle sassate tirate da Il Giornale, che ha definito il presidente “mandante” della prossima esclusione di B dal Parlamento. Le speranze di notizie positive sono comunque ridotte al lumicino e in caso di ultima fumata nera partiranno le cannonate. Dopo qualche ora infatti l’ufficio di presidenza del Pdl verosimilmente darà l’aut aut agli alleati di governo sullo stile del capogruppo di Palazzo Madama Renato Schifani di ieri: se decade Berlusconi, il governo viene giù. Insomma: la crisi non è mai stata così vicina e potrebbe arrivare – secondo i ragionamenti dello stesso Berlusconi – già prima di arrivare al voto in Giunta (che inizierà a discutere del caso lunedì 9 settembre).
Intanto dal governo si invita alla calma: ”Il presidente del Consiglio sta partendo per il G20, un appuntamento con un’agenda importantissima – dichiara il ministro per i Rapporti con il ParlamentoDario Franceschini – È possibile interrompere questa serie continua di minacce quotidiane di crisi che riempiono i giornali, preoccupano i mercati e danneggiano il peso e l’immagine dell’Italia sui tavoli internazionali?”.
Operazione “alta tensione”. Primo: alzare polveroni in giunta
L’operazione “Alta tensione” è scattata a più livelli. Il primo: alzare un polverone su procedure, regolamenti e formalità. “Improvvisamente” per il Pdl il presidente della Giunta per le elezioni Dario Stèfano diventa poco imparziale, i componenti non possono esprimersi su come voteranno, la legge Severino – votata senza problemi anche dal Pdl 9 mesi fa – viene vista come incostituzionale. Lo stesso Schifani ha già spiegato che i membri del Pdl chiederanno il no alla decadenza e in subordine il ricorso alla Consulta e alla Corte Europea. Sul punto proprio Stefàno ha ricordato che la giunta si è “autodeterminata a non essere deputata a ricorrere alla Corte Costituzionale: ora è impossibile immaginare che la giunta possa smentire se stessa a distanza di soli due mesi”. Nel Pdl probabilmente lo sanno perfettamente, ma serve far passare il messaggio e soprattutto allungare i tempi anche di poco, anche se Schifani nega. Resta, poi, il significato che a parlare ieri non erano state le consuete bocche di fuoco dei “falchi”, ma due figure solitamente più caute come Schifani eAngelino Alfano, che peraltro non è l’ultimo dei parlamentari, ma è il vicepresidente del Consiglio. 
Secondo: “Crisi entro 4 giorni, prima del voto in giunta”Il secondo livello per alzare la tensione ha riflessi ben più importanti. Berlusconi manda a dire, infatti, che per aprire le crisi gli bastano meno di 4 giorni. Cioè prima che si arrivi a un possibile voto in giunta (che non arriverà il 9, ma comunque entro settembre) e che ci sia il “verbale” della sua espulsione dal Senato. Il Cavaliere continua ad ascoltare il silenzio assordante di Napolitano: il Quirinale non si smuove dalle parole messe nero su bianco il 13 agosto. E cioè: l’unica strada è una richiesta di grazia (che sarà valutata “attentamente”: il sottinteso è che potrebbe anche essere respinta) e comunque per l’ex presidente del Consiglio vorrebbe dire ammettere che la sentenza è giusta e cominciare – anche se per un simbolico giorno – a espiare la pena. Quindi l’ipotesi rottura viene sbandierata con sempre maggiore insistenza: contro il Pd (che per il momento non sembra particolarmente turbato) e contro il Colle (idem). 
I “prudenti” del Pdl. Quagliariello: “Non si vota prima del 2014″
Certo, il Pdl non si muove come un sol’uomo. La fiducia in Berlusconi è come sempre quasi cieca, ma prima di far cadere il governo alcuni ministri ci penserebbero cento volte. Per esempio il titolare delle Riforme istituzionali Gaetano Quagliariello che al Messaggero pare sicuro: “E’ inutile pensare che possano esserci elezioni anticipate nell’immediato. La prima finestra utile per il voto è nel 2014, dopo la correzione del Porcellum. Un atteggiamento estremista non fa il gioco del centro-destra e del Pdl che è nato come forza di responsabilità e di governo. Agire in modo opposto vuol dire farsi strumentalizzare dalle forze anti-sistema e da Grillo”. Non è detto che tutti i ministri Pdl siano disposti a rimettere il mandato. Verdini l’ha detto quasi con le parole di Beppe Grillo: “Chi non ci sta può anche andarsene”. La giornata si giocherà sul filo del rasoio, non tanto al Senato (dove si aspettano ordini di scuderia), quanto ad Arcore. E Verdini, infatti, non si muove da lì…
Pdl in testa nei sondaggi. La salvezza potrebbe passare dalle urne
Anche perché per il Cavaliere l’orizzonte sembra farsi più chiaro ora dopo ora. Se fino a qualche settimana fa la salvezza sembrava rappresentata dal fatto che è indispensabile per la tenuta del governo, ora ha le mani più libere e con il Pd che voterà la sua espulsione dal Senato può permettersi di andare al voto. Anzi: con i sondaggi che girano andare al voto vorrebbe dire vincere. Rovesciare le proporzioni di forza con il Pd. Avere in mano il pallino. Forse addirittura poter governare da solo. La salvezza potrebbe passare dalle urne. Resterebbe il nodo ineleggibilità. Ma un ricorso non si nega a nessuno. Figuriamoci a Berlusconi.
Gli scenari alternativi. “Si può votare a novembre”
Ma le vie d’uscita, nel caso dovesse davvero frantumarsi la maggioranza, quali sono? Anche Napolitano ha davanti a sé un vicolo cieco. Il presidente della Repubblica ha insistito sempre sulla necessità di un governo di alleanze per non lasciare il Paese senza governo. Ma senza il Pdl non ci sono maggioranze alternative né se ne vede l’ombra. Ogni altra strada sembra un fotogramma di fantascienza, ma va tenuta in conto. Primo: un governo Letta bis con un appoggio esterno del Pdl (e magari con qualche ministro particolarmente affezionato al ruolo: Quagliariello, Lupi). Secondo: un governo Letta bis senza Pdl ma con qualche “responsabile” di centrodestra che si presta (alla Camera il Pd è autosufficiente e al Senato dovrebbe cercare una quindicina di voti). Terzo: un governo di centrosinistra con un sostegno in Parlamento di fuoriusciti del Movimento Cinque Stelle (ipotesi remota, nonostante il can can di queste ore). O ancora l’immancabile governo “costituzionale” – la carta di riserva sempre presente – che traghetti la situazione fino a primavera e che faccia carta straccia – noiosissimo refrain – della legge elettorale. Altrimenti elezioni anticipate: dopo la prima volta d’inverno potrebbe essere la prima volta in autunno. Nel Pdl girano già le date dello scioglimento delle Camere e del ritorno alle urne: o il 17 o il 24 novembre. A quel punto il progetto di Napolitano sarebbe fallito e si aprirebbe anche un ulteriore scenario sulle decisioni del capo dello Stato rieletto per la prima volta al Quirinale.

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