spirito critico

PENSATOIO DI IDEE

mercoledì 5 giugno 2013

BASILICATA-PETROLIO IN VAL D'AGRI

Colpo di acceleratore sull'estrazione di petrolio da parte delle compagnie.






Era il 1998 quando la Basilicata scelse di legare il suo sviluppo al petrolio della Val d'Agri, il più grande giacimento petrolifero d'Europa su terraferma. A regime avrebbe prodotto 104mila barili al giorno: tetto non ancora raggiunto poiché il Paese da anni ha rinunciato a investire, pur vantando un patrimonio minerario tra i primi a livello europeo. La produzione attuale è di circa 85mila barili/giorno nel giacimento lucano dell'Eni (con una partecipazione minoritaria di Shell) in Val d'Agri, ma si potrebbe arrivare a circa 130mila con il nuovo Piano di sviluppo in corso di negoziazione. Si aggiungeranno 50mila barili/giorno che saranno prodotti dalla Total (anch'essa con Shell socio di minoranza) nel giacimento di Tempa Rossa. In tutto, circa 180mila barili di petrolio al giorno.

Il governo Monti spinge e il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera guarda a una nuova strategia energetica per il Paese orientata al rilancio della produzione nazionale di idrocarburi. «Ci sono riserve ingenti di gas e petrolio, – ha detto il ministro – una parte importante delle quali è attivabile in tempi rapidi, consentendo di soddisfare il 20% dei consumi, contro l'attuale 10 per cento». Da anni il presidente di Assomineraria Claudio Descalzi ripete che «il settore estrattivo e, in particolare quello dell'esplorazione e produzione di idrocarburi, può investire ingenti risorse finanziarie per lo sviluppo di giacimenti a terra e a mare, soprattutto nelle regioni del Sud, con particolare attenzione per la Basilicata».

Il momento è favorevole: prima l'impegno del Governo con la sigla del Memorandum, poi l'articolo 16 del testo sulle liberalizzazioni e infine l'intesa raggiunta in Consiglio regionale. È in questa cornice che si è inserito il vertice romano tra l'ad di Eni, Paolo Scaroni, e il governatore lucano Vito De Filippo. Il dialogo con le compagnie petrolifere riparte da sicurezza, ambiente e lavoro. Un sì al completamento del programma di produzione in Val d'Agri: sono 24 i pozzi in produzione, uno di reiniezione. Nove sono da realizzare, 3 dei quali di ricerca. Ogni pozzo prevede nella fase di perforazione l'impiego in media di circa 130 persone. Pronti al via poi i lavori per la quinta linea del Centro Olio. Dureranno dai 20 ai 24 mesi, con un investimento di 250 milioni e ricadute occupazionali in media di 400 lavoratori con picchi anche di 700 unità, cui si aggiungerà l'indotto. Attualmente gli occupati diretti dell'Eni al Centro Olio sono circa 300, mentre gli indiretti (i contrattisti all'interno dell'impianto) sono 1.700.

Scaroni e De Filippo hanno posto le basi per l'avvio della rinegoziazione della fase 2 della Val d'Agri, per la quale i progetti tecnici sono sul tavolo del ministero dello Sviluppo economico: ma sono condizionati alle intese Stato-Regione ex articolo 16 e a un contesto di regole e tempi autorizzativi certi, soprattutto da parte dei piccoli municipi. Si procede anche per il giacimento di Tempa Rossa della Total che dovrebbe produrre 50mila barili al giorno dal 2015. Ottenuta l'autorizzazione del Cipe ai lavori che prevedono un importo di 1,3 miliardi, si attende l'autorizzazione definitiva dell'Unmig (Ufficio nazionale minerario per gli drocarburi e le georisorse). Intanto, sono partiti i primi contratti. L'Ati tra Tecnimont Spa e Tecnimont KT si è aggiudicata, per 500 milioni, la realizzazione del Centro Olio di Corleto Perticara, in cui saranno trattati e stabilizzati petrolio, acqua e gas associato. I lavori di costruzione dell'impianto, che partiranno il 14 maggio e dureranno tre anni, avranno ricadute occupazionali fino a 1.000 unità.

La Basilicata comincia quindi a vedere i primi appalti. Forte l'interesse degli imprenditori, soprattutto i più giovani. Anche se il sottosuolo della Basilicata, come quello del Paese, rimane inesplorato. «Sono leggermente aumentate le produzioni nazionali – sottolinea il direttore generale Risorse minerarie ed energetiche del dipartimento Energia del Mse, Franco Terlizzese – ma il problema è che in Italia non si fanno pozzi esplorativi, necessari per uno sviluppo oculato dei giacimenti. È necessario spingere le compagnie petrolifere a investire in ricerca per creare un patrimonio di conoscenza che l'Italia e in particolare la Basilicata ci auguriamo riescano a ottenere». Un passaggio difficile da far comprendere ai Comitati del "no" a nuove estrazioni. In realtà le compagnie, ammortizzato l'investimento iniziale ed estratto il petrolio migliore e più "facile", troverebbero più conveniente andare via. Ma così non sapremo mai qual è il potenziale che perde la Basilicata.

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