spirito critico

PENSATOIO DI IDEE

venerdì 21 giugno 2013

ULTIME DAL MES: STATI E RISPARMIATORI DEVONO PAGARE LA RICAPITALIZZAZIONE DELLE BANCHE

DI PIERO VALERIO


E voi direte, ma cosa c’è di nuovo sotto il sole? E’ dall’inizio della crisi dell’eurozona che governi e contribuenti pagano per il salvataggio delle banche e attraverso la manipolazione mediatica la cosa ormai è diventata una prassi comunemente accettata. La novità però questa volta è che i tecnocrati di Bruxelles, in vista del prossimo Consiglio europeo di fine mese, hanno messo nero su bianco su un documento ufficiale regole, metodi, cifre, vincoli per descrivere come si deve svolgere l’intero processo, lasciando poco spazio all’improvvisazione e all’immaginazione. In pratica i criminali hanno finalmente confessato la loro colpa, sperando negli effetti terapeutici dell’outing e spiegando chiaramente agli europei quanto ancora devono pagare (e si tratta di cifre da capogiro) per tenere in piedi l’idiozia dell’euro.

Qualcuno diceva che il miglior modo per nascondere la verità, è renderla palese e visibile a tutti. Ecco, confidando nella nostra incapacità di interpretare gli eventi e capire la realtà che ci gira intorno, pare che i tecnocrati e i politicanti europei abbiano decisamente intrapreso questa strada.

Ma vediamo come funzionerà l’ennesimo meccanismo infernale messo a punto da tecnocrati e banchieri per distruggere la democrazia, l’economia reale, la coesione sociale. Già sapevamo che gli accordi del MES, Meccanismo Europeo di Stabilità, prevedevano al loro interno, oltre al sostegno diretto agli stati (che serviva poi a finanziare le banche in difficoltà, vedi il caso Irlanda, Spagna e Cipro, o a pagare i creditori francesi e tedeschi, vedi il caso Grecia e Portogallo), anche la possibilità di ricapitalizzare le banche “zombie” dell’eurozona. Ora conosciamo i termini in cui avverranno queste operazioni di ricapitalizzazione, e vi anticipo già che saranno ancora dolori, lacrime e sangue per tutti i contribuenti, che già hanno dovuto una prima volta pagare e stanno ancora pagando per mettere in piedi la trappola del MES. Insomma nell’eurozona, fra mille indecisioni e tentennamenti, di una cosa possiamo sempre essere certi: la socializzazione delle perdite bancarie e la privatizzazione dei profitti non è più una raccapricciante anomalia dovuta all’emergenza ma la prassi, la normalità, la forma principale di “buon governo” dell’economia e della finanza. E siccome, come abbiamo anticipato, i capitali necessari per salvare l’intero settore bancario fallito raggiungono a spanne numeri ciclopici, non sappiamo quanto saranno ancora bravi gli europei a reggere l’urto e capaci di bere l’amaro calice. E’ davvero così difficile capire che ciò che sta accadendo in Europa corrisponde alla più grande espropriazione collettiva di ricchezza mai avvenuta nella storia dell’umanità?

Prima però di analizzare nei dettagli il piano micidiale, vediamo da cosa nasce tutto l’affanno e la fretta con cui i tecnocrati sono arrivati a concepire il documento e le procedure incriminate. In Europa, per usare una metafora, c’è un vero e proprio iceberg gigantesco che giace nella profondità degli abissi, nel più assoluto riserbo e silenzio degli addetti ai lavori, e solo sporadicamente emerge in superficie: il credito in sofferenza delle banche (in inglese bad loan o NPL, Non Performing Loan). In pratica una parte sempre più ingente e in continuo aumento degli attivi di bilancio delle banche è ormai inesigibile o incagliato, perché il debitore (che sarebbero poi i privati mutuatari, le aziende, i governi e le stesse banche) è fallito o è tecnicamente insolvente. Questo processo vizioso, simile ad un enorme cane che si morde la coda, come sappiamo è stato innescato dalle misure di austerità imposte a tutta l’Europa per salvare proprio le banche: i governi tassano i cittadini e le aziende, tagliano le spese pubbliche, rastrellano capitali da destinare al settore bancario, ma così facendo deprimono l’economia, costringono al fallimento i debitori privati e le banche alla fine hanno più danni che benefici dalle politiche rigoriste, perché se da una parte ricevono capitali freschi dai governi, dall’altra perdono sempre di più la possibilità di recuperare i crediti pregressi contratti con il settore privato. L’immagine del colapasta è forse quella più efficace per descrivere il fenomeno: la liquidità arriva abbondante dall’alto ma se ne va subito attraverso i buchi (di bilancio) che intanto si aprono in basso. Ma di quali cifre stiamo parlando?

Arrivati a questo punto la faccenda diventa sempre più nebulosa e confusa, perché grazie alla complicità che esiste fra gli organismi di vigilanza europei (BCE, banche centrali, EBA) e le stesse banche, è molto difficile e complicato se non impossibile capire quanto ci sia di vero e di falso nei bilanci bancari. Secondo alcune stime, il totale del credito in sofferenza nell’eurozona ammonta a circa €720 miliardi, di cui €500 miliardi relativi alle banche della periferia. Il calcolo però è molto approssimativo perché si riferisce soltanto a ciò che viene riportato pubblicamente sui bilanci bancari e all’andamento aggiornato periodicamente dell’indice NPL delle banche, che come si può notare dal grafico sotto, soprattutto nelle periferia più colpita dalle misure di austerità, ha avuto una progressione esponenziale in questi ultimi anni, con una media di incremento del 2,5% l’anno. A causa del meccanismo perverso descritto in precedenza, per l’Italia attualmente l’indice NPL è arrivato a sfiorare punte del 13,4% sul totale degli attivi bancari, raggiungendo così in questa particolare classifica Spagna e Portogallo, ma rimanendo sempre dietro alle due prime della classe: Grecia con il 25% e Irlanda con il 19%.

Tuttavia se dovessimo andare un poco più a fondo nella faccenda, le cose sarebbero molto più preoccupanti. Drammatiche, direi. Come emerge da un recente studio di due economisti olandesi, Harry Huizinga e Harald Benink, pubblicato su Vox.eu, il rapporto fra il valore di mercato dei cespiti bancari e quello riportato a bilancio ormai raggiunge la soglia dello 0,5 (vedi grafico sotto): ciò significa che le informazioni fornite dai bilanci bancari sono troppo ottimistiche e sovrastimate, e un attivo che viene registrato a bilancio con il valore di 1000 in realtà ne vale 500. In questo modo, continuando a manipolare i bilanci per nascondere la polvere sotto il tappeto, sarà sempre più complicato tarare un piano di salvataggio adeguato dell’intero settore bancario europeo, perché non tenendo conto di questo macroscopico margine di errore avrebbe sempre effetti parziali e provvisori. Inutile dire che l’economista Harry Huizinga sia un eurista convinto e abbia svolto mansioni di consulenza per la Commissione europea: lo studio infatti dal titolo emblematico “L’urgente necessità di ricapitalizzare le banche europee” doveva servire a creare nell’opinione pubblica il clima adatto di emergenza e a fare da apripista al documento poi pubblicato dalla stessa Commissione europea. Per intenderci, Huizinga propone uno schema di salvataggio bancario sul modello di Cipro, che pesi maggiormente sui bail-in interni tramite tagli in prima battuta sulle obbligazioni subordinate non garantite, e poi su quelle senior e i depositi (quindi prelievi forzosi ai risparmiatori e ai clienti della banca). Anche perché come rivela sfacciatamente lo stesso economista molti di questi strumenti sono garantiti dallo Stato e quindi in ultima istanza sarebbero sempre i governi a pagare. E così, conclude il geniale economista, si eviterebbe di utilizzare il MES: un giro di parole incredibile per nascondere il fatto che sia con i bail-in interni che con il MES sarebbero sempre i contribuenti a pagare i costi delle perdite bancarie. Siamo alla beffa allo stato puro e allo sberleffo in salsa olandese.



Ad ogni modo, tenendo conto dei margini di errore dei valori contabili, la cifra esorbitante dei piani di salvataggio salirebbe realisticamente ben oltre i €1000 miliardi, e considerando altri fattori progressivi legati alla stagnazione economica generale e ai prossimi fallimenti che si verificheranno tra i debitori privati, le stime più pessimistiche parlano addirittura di €3000 miliardi, ovvero €3 trilioni. E qui viene il bello, perché nonostante queste cifre pazzesche nel documento della Commissione europea il programma di ricapitalizzazione diretta del MES e quindi la copertura a livello europeo delle singole perdite bancarie è limitata a soli €50-70 miliardi, con la possibilità di ampliamento soltanto in caso di emergenza dopo approvazione del consiglio dei governatori. Mentre il resto deve essere a carico di ogni singolo stato membro. E quindi dei governi, dei contribuenti, dei risparmiatori e dei clienti della banca. Ma anche le modalità con cui il MES dovrebbe attivarsi sono piuttosto bizzarre. Vediamone in estrema sintesi alcune:
· Il MES si attiva quando lo stato membro non ha la capacità finanziaria di ricapitalizzare da solo le sue banche

· Il MES si attiva anche quando la situazione fiscale dello stato membro è talmente delicata da compromettere l’accesso ai mercati dei capitali e da richiedere il sostegno dello stesso MES

· L’assistenza finanziaria del MES è indispensabile per la salvaguardia della stabilità finanziaria dell’area euro nel suo complesso o dei suoi stati membri

· La banca non ha i requisiti patrimoniali richiesti dalla BCE nella sua veste di ente di vigilanza centralizzato ed è incapace di attrarre capitali tramite il settore privato, gli investitori, gli azionisti, la conversione del debito (qui dovrebbero stare attenti i titolari di obbligazioni strutturate convertibili in azioni) e la ristrutturazione del debito esistente (qui dovrebbero stare attenti tutti gli obbligazionisti e i depositanti, perché si tratta dello schema bail-in cipriota)

· La banca è un istituto di rilevanza sistemica e un suo eventuale fallimento rappresenterebbe una minaccia per la stabilità dell’area euro nel suo complesso o dei suoi stati membri (bisognerebbe capire come si fa a capire quali banche abbiano queste caratteristiche e se nei precedenti casi di salvataggio bancario con fondi europei, Anglo-Irish Bank in Irlanda, Bankia in Spagna e Laiki a Cipro, il MES si sarebbe potuto attivare)

Piero Valerio
Fonte: http://tempesta-perfetta.blogspot.it
Link: http://tempesta-perfetta.blogspot.it/2013/06/ultime-dal-mes-stati-e-risparmiatori.html
20.06.2013

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