spirito critico

PENSATOIO DI IDEE

martedì 9 luglio 2013

ANGELA MERKEL, ASPETTANDO LE ELEZIONI.

Germania, Merkel “congela” riforme e politica estera in attesa del voto



La Cancelliera, per non compromettere l'esito delle urne del 22 settembre, ha deciso di rimandare, tra le altre, le decisioni su Tobin tax e unione bancaria. E una coalizione senza liberali potrebbe allentare l'austerity sui Paesi del Sud Europa


Germania, Merkel “congela” riforme e politica estera in attesa del voto
Non è un caso che anche sul fronte italiano il neo-premier Enrico Letta abbia scelto di temporeggiare su Imu, Iva e tagli alla spesa pubblica. Per motivi di politica interna, certamente, ma anche perché, dopo la campagna elettorale, Merkel potrebbe avere le mani più libere per concedere maggiore respiro ai paesi europei in difficoltà, allentando la pressione dell’austerity. Un’eventuale coalizione senza liberali (e quindi con i Verdi o la Spd) potrebbe rendere ancora più probabili eventuali aperture tedesche verso i paesi del sud Europa, aprendo la strada a nuove forme di intervento. Quindi tanto vale aspettare, anche se, per ora, si parla solo di ipotesi e desideri che per concretizzarsi avranno bisogno di prospettive temporali più lunghe, ben oltre la fine di settembre. A contare intanto sono i fatti, che parlano molto chiaro: sull’Europa laGermania nelle prossime dieci settimane non si muoverà. A partire dall’unione bancaria. L’accordo che si è raggiunto nei giorni scorsi è stato sicuramente un primo passo avanti, ma le nuove regole non saranno operative prima del 2018 e il tetto a disposizione del fondo salva-stati Esm per ricapitalizzare le banche (60 miliardi di euro) continuerà a essere inadeguato rispetto alle potenziali perdite delle banche europee.
Freno a mano tirato anche sul capitolo Tobin tax, la tassa sulle transazioni finanziarie. Angela Merkel e la Spd sono sostanzialmente sulla stessa linea e da tempo sostengono l’introduzione dell’imposta. Ma i liberali della Fdp – potenziali futuri alleati di un nuovo governo Merkel – appaiono decisamente più scettici. Già a febbraio il deputato della Fdp Volker Wissing aveva espresso le sue perplessità in un’intervista allaSüddeutsche Zeitung evidenziando il rischio che il peso della tassa potesse essere scaricato sui cittadini. Meglio quindi non disturbare l’alleato in piena campagna elettorale. Le trattative sui dettagli dell’imposta rimangono ancora in alto mare: il Parlamento Ue ha approvato a larga maggioranza una mozione che sollecita gli 11 Paesi della cooperazione rafforzata a introdurre la tassa ipotizzando di includere anche i titoli di Stato che l’Italia vorrebbe esentare a tutti i costi, temendo una ricaduta sullo spread (un timore condiviso da Francia e Spagna). Goldman Sachs, nel frattempo, ha fatto recapitare sulle scrivanie dei ministri finanziari della cooperazione e negli alti uffici della Bce uno studio fortemente allarmistico che ipotizza per le 42 principali banche europee una perdita complessiva di 170 miliardi contro i 34 di costo totale stimati dalla Commissione Ue esprimendo le maggiori preoccupazioni in riferimento agli istituti francesi e tedeschi, seguiti a ruota da quelli di Italia e Spagna.
In Italia, gli attivisti hanno intensificato di recente il pressing su Letta, ma la Tobin tax “tricolore” (vale a dire la prima sperimentazione avviata a marzo), è di fatto bloccata. La prima imposta applicata su azioni e obbligazioni (non sovrane) infatti avrebbe dovuto essere versata a luglio ma il cosiddetto “Decreto del fare” ha imposto una proroga ad ottobre. Dopo il voto tedesco. Non è da meno la politica estera dell’Unione. Martedì 25 giugno il ministro degli esteri tedesco Guido Westerwelle (Fdp) ha dichiarato davanti ai ministri degli esteri dell’Unione europea che, nel 2013, il parlamento tedesco non sosterrà le negoziazioni per l’entrata della Serbia nell’Unione e ha proposto di spostare la discussione al gennaio del 2014, coinvolgendo direttamente i presidenti del consiglio di ogni paese. “A questo punto decida direttamente il Bundestag”, ha dichiarato polemico il ministro degli esteri lussemburghese Jean Asselborn. Nessuna decisione nemmeno sul piano di riduzione delle emissioni di CO2 nell’industria automobilistica, sul quale era stato raggiunto un compromesso a livello europeo. L’intervento all’ultimo momento della Germania ha fatto spostare la decisione alla fine dell’anno perché, ha spiegato Merkel, è necessario “coordinare gli obiettivi di politica ambientale con quelli di politica industriale, che riguardano anche l’occupazione”, in modo che “le norme ambientali non indeboliscano la base industriale del paese”. La Germania, anche in questo caso, ha la precedenza. Almeno fino al 22 settembre. 
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