spirito critico

PENSATOIO DI IDEE

giovedì 11 luglio 2013


    Il nuovo meccanismo Esm pone condizioni molto dure alla banca che richiede il suo intervento e allo Stato membro in cui ha sede. Per questo la richiesta d’aiuto sarà rinviata il più possibile, aumentando i costi dell’operazione. Un atteggiamento che difficilmente riporterà la fiducia nei mercati.







IL NUOVO MECCANISMO
I ministri dell’Economia e delle finanze dell’Eurozona hanno finalmente raggiunto l’accordo sulle caratteristiche principali di un nuovo strumento Esm per la ricapitalizzazione diretta delle banche dell’area euro e su uno schema per il recupero e la risoluzione delle crisi degli istituti di credito. (1)
Il nuovo strumento Esm entrerà in azione solo dopo che il Single supervisory mechanism (Ssm) sarà effettivamente in vigore e le proposte legislative per il Single Resolution Mechanism (Srm) e l’assicurazione sui depositi saranno state definite dal Consiglio e dal Parlamento: con tutta probabilità , perciò, non prima di metà 2014. Tutto ciò risponde alle richieste di rinvio, non solo della Germania. Ma è anche in contrasto con l’urgenza delle decisioni prese nel vertice dell’Eurozona dello scorso anno. La verità è che, ancora una volta, non appena le tensioni sui mercati finanziari iniziano ad allentarsi, il processo di costruzione delle istituzioni europee rallenta, e con esso la riduzione della frammentazione del mercato.
L’utilizzo del nuovo strumento Esm sarà soggetto a condizioni rigide, in linea con le indicazioni del vertice Eurozona. Potrà intervenire solo quando lo Stato membro non ha risorse proprie sufficienti  a ristrutturare le banche nazionali senza mettere a rischio la sostenibilità del debito sovrano, l’aiuto è indispensabile anche per la stabilità finanziaria dell’Eurozona e l’istituzione finanziaria in causa è sottocapitalizzata (in contrasto con il requisito prudenziale Crd IV) e non riesce a ottenere capitali sufficienti da privati. Per preservare l’ottimo rating di credito dell’Esm, è stato deciso anche che i fondi disponibili per il nuovo strumento non possano superare i 60 miliardi di euro – una somma non indifferente, ma difficilmente sufficiente qualora ci sia la necessità di intervenire su un certo numero di banche e in vari Stati membri. Va ricordato che i mercati considerano consistente con il rating di credito dell’Esm un tetto che è il doppio di questa somma.
L’intervento dell’Esm si realizzerà attraverso l’acquisto di azioni comuni (capitale Ce Tier 1). Esm otterrà così il diritto a intervenire nelle decisioni e anche nelle scelte manageriali dell’istituto, pur assicurando, come scritto nel testo dell’accordo, “un attento equilibrio tra l’influenza dell’Esm e il mantenimento dell’indipendenza nelle pratiche commerciali” così da lasciare aperta la possibilità di un ritorno dell’istituto a un “funzionamento di mercato”.
I LATI NEGATIVI
Sono due le caratteristiche da sottolineare nel compromesso raggiunto. La prima è che alcune classi di creditori, comprese le secured liability e i covered bond, sono permanentemente esclusi dai bail-in, mentre i depositi dovrebbero avere uno status preferenziale nella scala gerarchica dei creditori. In base al testo ufficiale rilasciato dal Consiglio, ciò si applica anche ai depositi sotto i 100mila euro (che avrebbero solo la preferenza rispetto agli altri depositi). Questa clausola rende più probabile una corsa agli sportelli nel caso una banca dovesse dare segni di debolezza. È anche probabile che incoraggi un incremento della quota “appesantita” (encumbered) degli asset bancari (cioè la quota impegnata a garanzia dell’emissione di bond), rendendo più difficile il ritorno al finanziamento non garantito e dunque le banche dovranno “far conto sulla Bce per ottenere liquidità più a lungo di quanto previsto”. (2)
La seconda caratteristica degna di nota è che le autorità nazionali mantengono una certa discrezionalità sulle classi di creditori da escludere dal bail-in, per ragioni come la necessità di evitare il contagio o di assicurare la continuità di funzioni cruciali (i prestiti interbancari o quelli che derivano dalla partecipazione in sistemi di pagamento sono sempre esclusi).
Quanto alla ricapitalizzazione diretta delle banche da parte dell’Esm, il sistema proposto non solo appare molto intrusivo, ma pone una parte considerevole del peso della ristrutturazione dell’istituto in crisi sulle spalle dello Stato membro: ciò mette in dubbio la capacità di “rompere il circolo vizioso tra banche e debito sovrano”. Mostra anche una profonda sfiducia in chiunque si trovi nella necessità di richiedere aiuto: non proprio l’atteggiamento ideale per riportare la fiducia nei mercati.
L’enfasi è sui singoli istituti, lasciando ben poco spazio per affrontare la generalizzata necessità di rafforzare il capitale delle banche, dovuta per esempio alla lunga recessione che colpisce l’economia generale delle banche, come molti pensano sia accaduto nell’Eurozona. (3) Le condizioni imposte allo Stato membro e all’istituto in crisi sono molto dure, cosicché la richiesta di aiuto sarà probabilmente procrastinata il più a lungo possibile, con ogni probabilità facendo così crescere il costo del salvataggio.
Siamo molto lontani dall’approccio seguito nel 2008 dal segretario al Tesoroamericano Paulson con il suo Capital Purchase Programme (Cpp). Quel piano era stato congegnato per sostenere il capitale degli istituti in difficoltà, in condizioni economiche estremamente difficili, così da favorire il flusso del credito all’economia e ripristinare la fiducia. Per farlo, il Tesoro Usa stanziò all’inizio 250 miliardi di dollari, seguiti da investimenti per 205 miliardi di dollari, per fornire capitale a 707 istituzioni finanziarie in tutto il paese. In cambio delle iniezioni di liquidità il Tesoro ricevette azioni privilegiate (senza diritto di voto) con un dividendo del 5 per cento nei primi cinque anni e del 9 per cento in seguito, ma non era fissato alcun termine per l’investimento né era prevista alcuna intrusione nelle decisioni d’affari della banche. Al 30 aprile di quest’anno, il Tesoro aveva recuperato più di 222 miliardi di dollari tra dividendi e restituzioni del prestito, e altri ancora si aspetta di recuperarne nel prossimo futuro.
* L’articolo è un estratto di un più ampio intervento pubblicato (in inglese) sul sito del Ceps
(1) Si veda rispettivamente Eurogroup (2013), “ESM direct bank recapitalization instrument – Main features of the operational framework and way forward”, Luxembourg, 20 June; Council of the European Union – Economic and Financial Affairs (2013) “Council agrees position on bank resolution”, 11228/13 PRESSE 270, Brussels, 27 June (http://consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/en/ecofin/137627.pdf).
(2) European Commission (2013), “European Financial Stability and Integration” Report 2012, Brussels, April, pag.
(3) La Commissione nel testo citato; IMF (2013), “Global Financial Stability Report: Old Risks, New Challenges”, Washington, DC, April; e Benink H. and H. Huizinga (2013) “The urgent need to recapitalize Europe’s banks”, VOX-EU, 5 June.


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