spirito critico

PENSATOIO DI IDEE

venerdì 12 luglio 2013

IL CONTROLLO SOCIALE E LA FINE DELLE DEMOCRAZIE RAPPRESENTATIVE

BIN LADEN E LO SPREAD: PROVE AUTORITARIE DI SUPERAMENTO DEL CONSUMO
















Prima furono le torri gemelle, oggi è la crisi. Apparentemente questi due fatti non sembrerebbero avere nulla in comune, in realtà sono due forme di controllo sociale. Un controllo necessario ora che le democrazie tendono a diventare autoritarie, nella gestione dell’uscita dalla civiltà dei consumi, essendo questa non più funzionale al mantenersi del potere.

Detto così può sembrare folle ma in realtà la strada verso cui andiamo è una forma di controllo sociale basata su sudditi volenterosi. Le politiche di controllo hanno fatto passi da gigante ed hanno capito che non è proibendo che si mantiene il potere ma invece concedendo. Il crollo del comunismo ha reso chiaro quello che chiaro è per chiunque abbia un figlio, ossia che dire “non si fa” ha come reazione da parte del bambino il pensare “lo devo fare a tutti i costi”. E quindi partendo dal presupposto che il popolo è un bambino le politiche di controllo si sono sviluppate al punto da rendere difficile pensare ad un modello altro. L’immaginario occidentale sembra dominare ovunque, portando anche culture diverse, come quella islamica, a profondi contrasti interni. Il grande spettro che si aggira per il pianeta è quello identitario.


Su tutto Facebook, che ha reso di fatto le persone degli eterni bambini. Facebook ferma il tempo, permette (anzi facilita) una corsa all’indietro. Si cercano pezzi del proprio passato, come i famosi “compagni di scuola”, quasi mitizzandolo come un’età felice. Per contro non esiste in Facebook il concetto di futuro, esiste al limite un presente competitivo, dove i più battaglieri possono vincere le loro guerre a colpi di like, ma senza costruire nulla. In Facebook è infatti impossibile dialogare, gli interessi di ognuno sommergono gli interessi degli altri, non c’e’ condivisione (nonostante ne esista la funzione) ma c’e’ esibizione. E diciamomolo pure, in Facebook anche la dignità ha un valore del tutto relativo. Il che ha profonde ripercussioni sociali quando applicato alla “realtà”, l’orizzontalità del virtuale porta a contrasti orizzontali, permeati di egoismo, tra la gente; con buona pace di chi “sta sopra”. 

Facebook è riuscito dove la lotta al terrorismo ha fallito, ossia a confondere il pubblico con il privato, abbattendo come conseguenza la sfera individuale ma sbandierando perversamente allo stesso tempo la difesa della privacy. Tutto è in mostra di fronte al potere; mentre per fare una guerra servono soldati motivati per stare su Facebook servono bambini avidi e passivi. Anche la crisi economica serve a questo, a controllare le persone con la paura, quindi non richiedendo partecipazione attiva. Anzi, i messaggi lanciati da chi la crisi dovrebbe combatterla sono l’opposto: non fate nulla e delegate tutto. Paradossalmente mentre a livello politico la gente non votando toglie la delega di fatto la rende più salda che mai. La passività è la delega massima per l’abbattimento dello stato sociale e dei diritti. Ed il pensiero di quella che fu la sinistra, sindacati compresi, sembrano essere in prima linea nel volere un modello di questo tipo: come il posto di lavoro era difeso a scapito del lavoratore oggi lo Stato viene difeso a scapito del cittadino.

La crisi non passerà mai, serve per distruggere il consumatore; figura su cui si reggeva il sistema occidentale, fino a quando si è capito che consumare porta ad esigere. Quindi a ribellarsi. Certo una rivolta non politica e molto soft, dato che si lotta per una marca di caffè e non per un diritto civile, ma è pure sempre una noia per chi governa. E non va dimenticato che spesso le rivoluzioni sono state una presa del potere politico, dopo avere raggiunto quello economico, da parte delle classi medie. Il denaro è potere, questo hanno capito i governanti. E difatti l’obiettivo futuro sarà togliere il denaro di mezzo. Le politiche di abolizione delle transazioni in contanti servono proprio per abbattere il potere rappresentato dall’acquisto. Non è escluso che si arriverà al pagamento di stipendi direttamente in beni e servizi, una sorta di welfare imposto. In sostanza il club dei davvero ricchi ha chiuso il tesseramento.

Oggi abbiamo una commistione di schiavi e piccoli artigiani, schiavi in quanto legati al lavoro quasi fisicamente (oggi il lavoro si insinua nella vita privata, senza sosta. Basti pensare al Black Berry o alla “connessione in mobilità”) e piccoli artigiani in quanto il datore di lavoro (padrone) non fornisce più alcun servizio, ad esempio le assicurazioni sanitarie, la mensa o altri benefit. Che ancora ci salva è la lotta tra potere politico e potere economico, che rallenta il prendere forma dello Stato futuro. E in tutto questo il tempo diventa astorico, un eterno presente, dove conta sopravvivere. Il velo di Maya è stato calato.

Forse diventare davvero poveri può essere la chiave di volta per uscirne.


fonte: FARFALLE E TRINCEE (BLOG)









Nessun commento:

Posta un commento

5 STELLE