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mercoledì 11 settembre 2013

LE ARMI CHIMICHE SIRIANE SOTTO IL CONTROLLO INTERNAZIONALE, BASTERA'?

“Un successo diplomatico di Putin”, così la stampa russa sulla proposta di Mosca

Il piano russo di mettere le armi chimiche del regime siriano sotto il controllo internazionale viene visto sui giornali russi come una rivincita del Cremlino sulla scena internazionale. Ma l'esperto militare Viktor Litovkin mette in guardia su eventuali difficoltà di realizzare in pratica la distruzione delle armi siriane

Vladimir Putin
Il quotidiano economico Vedomosti definisce il piano russo “una mossa diplomatica di successo”. Questo perché trova una via d’uscita da quello che sembrava un vicolo cieco e allo stesso tempo permette a tutte le parti coinvolte nella vicenda di cavarsela senza grosse perdite di immagine. La testata tuttavia esprime delle perplessità sulle possibilità effettive di realizzare il piano del Cremlino, notando come non è per niente facile procedere alla distruzione delle armi chimiche del regime siriano mentre nel Paese è in corso una guerra civile. Comunque, sottolinea il quotidiano, la coerenza della Russia che ha sempre insistito su una soluzione pacifica del conflitto siriano, nell’ultima analisi, si è dimostrata produttiva. “La chimica della diplomazia”, così facendo un gioco di parole titola un articolo sulla soluzione della questione siriana il quotidiano online Gazeta.ru. La mossa sulle armi chimiche permette alla Russia di “ritornare sulla scena internazionale come una potenza effettiva“, commenta il giornale. Il punto di svolta secondo l’analisi della testata è stato l’approccio costruttivo della Russia, che per la prima volta non si è limitata solo ad accusare gli Stati Uniti della mancanza di prove dell’uso delle armi chimiche da parte del presidente siriano Bashar al-Assad, ma ha fatto una proposta concreta.
Il politologo Fyodor Lukyanov, direttore della rivista Russia in global affairs, firma sul giornale ufficiale del Cremlino, Rossiyskaya Gazeta, un articolo in cui valuta la proposta russa come una mossa vincente da tutti i punti di vista. Voi perché pone fine a una sterile discussione su chi abbia fatto uso delle armi chimiche, voi perché trasforma la Russia in un interlocutore costruttivo, voi perché introduce una soluzione congiunta – secondo il politologo è l’unica strada possibile – che coinvolge la Russia, l’Usa e l’Onu. Lukyanov ricorda come non sia la prima volta che la Russia e gli Stati Uniti devono affrontare insieme il problema delle armi di distruzione di massa nei paesi terzi.  Si potrebbe ricordare in merito il blocco del programma nucleare della Repubblica Sudafricana, oppure il trasferimento dell’arsenale nucleare di alcune ex repubbliche sovietiche– Ucraina, Bielorussia e Kazakistan – sul territorio russo. Precedenti storici, questi, che dimostrano la proficuità di tale collaborazione, come sottolinea Lukyanov. 
Sul piano pratico, però, la proposta russa risconta una serie di difficoltà non da poco. Lo ribadisce su Nezavisimaya Gazeta Viktor Litovkin, esperto militare. Il primo passo che la Siria dovrebbe compiere prima di mettere le sue armi sotto la tutela internazionale è l’adesione alla Convenzione sulle armi chimiche. Dopodiché la procedura vigente prevede che le armi siriane siano consegnate all’Organizzazione per le proibizione delle armi chimiche con sede all’Aia. Una volta che le armi verranno messo sotto il controllo internazionale, rimane da capire chi gestirà l’operazione di distruzione sul posto. Secondo l’esperto, si potrebbe ripetere lo scenario kosovaro, quando varie zone di quell’area sono state soggette all’autorità di vari Stati. Ma non è detto che sarà facile trovare un accordo su questo punto tra le varie parti già spaccate sulla questione siriana. 
Il rischio che si riproponga lo scenario dell’ex Jugoslavia, ossia che la “tutela internazionale” vorrà dire sostanzialmente l’occupazione della Siria da parte del contingente della Nato, viene paventato dal politologo Boris Mezhuev, che lo scrive su Izvestiya. Ossia il giornale più vicino alCremlino, in quanto controllato dalla holding mediatica dei fratelli Kovalchuk, amici del presidente russo Vladimir Putin. Il politologo chiama l’iniziativa di Vladimir Putin “brillante”, visto che risolve con un colpo solo tutta una serie di problemi internazionali. E per giunta dimostra che “senza la Russia non si va da nessuna parte”. In realtà, come ha dichiarato sia Obama, che il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, il piano relativo alla tutela internazionale sulle armi chimiche è stato discusso già durante l’incontro tra Obama e Putin a margine del G20. Nel suo discorso Obama ha anche specificato che la minaccia di un intervento militare ha contribuito all’assenso della Siria di accettare la proposta di Mosca.
Per ora, la principale preoccupazione della Russia riguarda il testo della risoluzione dell’Onu sulle armi chimiche siriane. Gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Francia, che ha presentato una bozza di risoluzione, chiedono che nel testo si specificano dei tempi precisi per il rispetto degli impegni da parte di Damasco e si minaccino delle conseguenze in caso di mancanze. Inoltre la bozza francese attribuisce al regime siriano la responsabilità dell’attacco chimico del 21 agosto scorso e chiede che i responsabili vengano consegnati al Tribunale Penale Internazionale. Mosca ha però dichiarato “inaccettabile” la bozza francese ed ogni risoluzione che ponga unicamente sul governo siriano la responsabilità degli attacchi. Ed ha annunciato di voler presentare una dichiarazione con cui il Consiglio dovrebbe appoggiare la sua iniziativa. Nelle riunioni a porte chiuse tra i rappresentanti al Palazzo di Vetro si discute se la risoluzione debba ricadere sotto il Capitolo 7della Carta delle Nazioni Unite – che permette azioni militari se la misura non avrà successo, come vogliono Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia – oppure il Capitolo 6, che prevede metodi pacificiper la soluzione delle dispute, come invece chiede Mosca. Intanto la Duma russa che ha approvato una dichiarazione sulla situazione siriana ha respinto emendamenti al testo che proponevano di sbloccare forniture di armi di difesa all’Iran, in caso di un raid statunitense.

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