Il nostro paese è ormai sotto attacco: vogliono semplicemente eliminarci come concorrente economico. Il governo Monti ha reso evidente una realtà rimasta sottotraccia per anni. Obiettivo: distruggere completamente il sistema-Italia, che era fatto anche di imprese strategiche a partecipazione statale. Colonizzare definitivamente la penisola: a questo serve la demolizione del welfare, delle tutele del mondo del lavoro, della previdenza pubblica, della sanità, della scuola. “Traditori al governo: artefici, complici e strategie della nostra rovina”. E’ il titolo di un saggio dell’avvocato Marco Della Luna, autore di libri come “Euroschiavi” e il recente “Cimit€uro”, edito da Arianna. Nel mirino: i sistemi e gli strumenti di dominazione sociale, psicologici e monetari, che ci hanno messo in ginocchio, a partire dalla privatizzazione di Bankitalia avviata da Ciampi e Andreatta negli anni ’80.
«Vogliono mettere le mani sul nostro patrimonio economico, colonizzando definitivamente la penisola», accusa Della Luna, intervistato da Federico Dal Cortivo per “Europeanphoneix”. Le principali tappe della rovina, «voluta e finalizzata a dissolvere il tessuto produttivo del paese, desertificandolo industrialmente e assoggettandolo alla gestione via centrali bancarie fuori dai suoi confini, onde farne territorio di conquista per capitali stranieri», cominciano con la progressiva “privatizzazione” della Banca d’Italia, dopo il “divorzio” dal ministero del Tesoro, gestito dal ministro Beaniamino Andreatta e dal futuro presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi. Risultato: affidamento ai mercati speculativi del nostro debito pubblico e del finanziamento dello Stato. Da allora, le finanze pubbliche sono entrate nella spirale di crisi completata oggi dall’incubo dell’Eurozona, dove non esiste più un “prestatore di ultima istanza” in grado di finanziare lo Stato a costo zero.
Immediato e conseguente, aggiunge Della Luna, il raddoppio del debito pubblico, passato dal 60% a 120% del Pil a causa della moltiplicazione dei tassi. Nasce così la «ricattabilità politica strutturale del paese da parte della finanza privata». A ruota: «La svendita agli amici-complici e ai più ricchi e potenti, stranieri e italiani, delle industrie che facevano capo allo Stato e che erano le più temibili concorrenti per le grandi industrie straniere». Una privatizzazione condotta con modalità molto “riservate” ma col favore di quasi tutto l’arco politico, a cominciare dalla sostanziale cessione della Banca d’Italia per mezzo della privatizzazione delle banche di credito pubblico come la Banca Commerciale Italiana, il Banco di Roma, la Banca Nazionale del Lavoro e il Credito Italiano, con le loro quote di proprietà della Banca d’Italia. Infine, «la riforma Draghi-Prodi che nel 1999 ha autorizzato le banchedi credito e risparmio alle scommesse speculative in derivati, usando i soldi dei risparmiatori», dando il via «alle cartolarizzazioni di mutui anche fasulli, come i subprime loans americani».
In una situazione globale aggravata dall’apertura delle frontiere alla concorrenza sleale dei paesi che producono schiavizzando i lavoratori e bruciando l’ambiente, aggiunge Della Luna, il colpo del ko è arrivato regolarmente con l’adesione ai tre successivi sistemi monetari – negli anni Settanta, Ottanta e Novanta – che impedivano gli aggiustamenti fisiologici dei cambi tra le valute dei paesi partecipanti, fino al disastro finale dell’euro che «non è una moneta, ma il cambio fisso tra le preesistenti monete». Effetto scontato: immediata perdita di competitività del sistema-Italia, a spese di industrie e capitali nazionali improvvisamente costretti ad accumulare debito nei confronti dei paesi più competitivi, «che quindi accumulano crediti verso i primi, fino a dominarli e commissariarli», esattamente come confermato dalle drammatiche cronache europee. Da ultimo, le misure fiscali del governo Monti-Napolitano hanno depresso i consumi e messo in fuga verso l’estero centinaia di miliardi, svuotando il paese di liquidità. Per Della Luna, il governo Monti-Napolitano sostenuto da Bersani, Casini eBerlusconi «ha distrutto il 25% del valore del patrimonio immobiliare italiano e paralizzato il mercato immobiliare». Risultato: «Imprese e famiglie non possono più usare gli immobili per ottenere credito, e l’economiaè rimasta senza liquidità, con insolvenze che schizzano al 30% e oltre».
Traditori al governo? «Nego che siano definibili “traditori”: sono piuttosto definibili “nemici”, perché fanno gli interessi stranieri contro quelli nazionali, in modo scoperto», dice Della Luna. «Definisco traditori, invece, i dirigenti dell’ex Pci che sono passati al servizio del capitalismo finanziario sregolato e collaborano con esso alla costruzione di una società e di un nuovo ordinamento nazionale e mondiale al servizio di esso, tradendo il loro elettorato». E che dire di Draghi e Monti, entrambi provenienti dalla Goldman Sachs? «Per quali interessi lavorino non è un mistero, ma vale anche per Romano Prodi, altra carriera con la Goldman». Quando era advisor della grande banca d’affari «era anche al governo, e nominava proprio la Goldman Sachs advisor del governo per le privatizzazioni». E Napolitano, pedina fondamentale dell’operazione Monti? «Posso dire che si intende di macroeconomia, quindi capiva e capisce ciò che stava e sta avvenendo, e che effetti hanno certe manovre».
La verità, aggiunge Della Luna, è che «la partitocrazia italiana, complessivamente, dalla fine degli anni ’70, lavora per rendere il paese territorio di conquista per i capitali stranieri». Cosa che «soprattutto la sinistra» ha fatto e sta facendo «sotto la copertura di due concetti: riformismo ed europeismo». La parola “riformismo” ha avuto, dopo la metà degli anni ‘70, un’inversione di senso: se prima significava riforma della proprietà agraria per por fine allo sfruttamento dei contadini, nonché diritti sindacali, previdenziali e di sciopero per mettere fine allo sfruttamento degli operai da parte dei grandi imprenditori, da trent’anni a questa parte l’approccio “riformista” significa esattamente il contrario, e cioè: perdita di tutte le conquiste acquisite dai lavoratori. Fino a trent’anni fa, le riforme sociali garantivano diritti, contrastavano le sperequazioni di reddito, creavano opportunità per i lavoratori. «Significava consapevolezza del crescente strapotere delle corporations e del capitalismo rispetto ai cittadini, ai lavoratori, agli elettori, ai risparmiatori, ai piccoli proprietari, agli invalidi: uno strapotere che oggi è moltiplicato dalla globalizzazione e dal carattere apolide della grande finanza».
Era un riformismo per la solidarietà, l’equa distribuzione delle opportunità e del reddito, l’accessibilità al lavoro e alla proprietà privata. Leggi che davano piena attuazione alla Costituzione democratica: la repubblica “fondata sul lavoro”, la “parità dei cittadini” e l’obbligo di rimuovere gli ostacoli anche economici che di fatto limitano questa parità. Poi gli articoli sulla tutela del lavoro e il divieto per l’iniziativa economica di ostacolare l’interesse sociale o la sicurezza e la dignità umana, stabilendo che la legge possa indirizzarla a fini collettivi. E ancora: la funzione sociale della proprietà, che prevede anche l’esproprio nel pubblico interesse, fino alla tutela del risparmio, «e non le maxi-frodi ai danni dei risparmiatori e i bonus e le cariche pubbliche in favore di chi le ordisce».
Il contrordine è arrivato sul finire degli anni ’70, pienamente eseguito dai partiti che si dichiaravano riformisti, e lo erano stati realmente. Obiettivo: demolizione sistematica di conquiste e diritti, al fine dichiarato di togliere ogni limitazione alla possibilità di azione e profitto del capitale finanziario, della proprietà privata, della privatizzazione di beni e compiti pubblici, col falso presupposto che questo produrrebbe più ricchezza, più equità, più produzione, più occupazione, più libertà, più stabilità e una allocazione più razionale delle risorse. «Con i risultati che vediamo: crescente estrazione della ricchezza prodotta dalla società da parte di cartelli e oligopoli multinazionali». E’ la linea della famigerata scuola economica di Chicago, del “Washington Consensus”, della Cia, della Thatcher e di Reagan, ma anche dell’europeismo che abbiamo conosciuto. «Ma nonostante questi risultati, i vari Monti, Draghi, Rehn e Merkel non fanno che ripetere che bisogna continuare sulla via delle riforme, altrimenti non c’è speranza: e se qualcosa non funziona, è appunto perché le riforme non sono state abbastanza risolute e complete».
In realtà, aggiunge Della Luna, personaggi come la Merkel non sono così ottusi da non capire che il loro modello è radicalmente sbagliato e devastatore, ma sanno che – se rappresenta la rovina di paesi come l’Italia – può avvantaggiare paesi come la Germania, perché spinge capitali, imprese e lavoratori qualificati a trasferirsi nei paesi più forti, depauperando i più deboli ed eliminandoli come concorrenti. Costituzione italiana alla mano, dice Della Luna, si scopre che gli atti fondamentali della politica italiana ed europea degli ultimi decenni sono tutti, integralmente illegali, perché incostituzionali. Tutto quanto: moneta unica, finanza, lavoro, Bankitalia, Maastricht, globalizzazione, privatizzazioni, liberalizzazioni, cartolarizzazioni, finanziarizzazione dell’economia. «E’ tutto costituzionalmente illegittimo, perché va esattamente, intenzionalmente e organicamente contro quelle norme costituzionali e contro lo stesso impianto sociale e valoriale e teleologico della Costituzione, che è appunto teso all’esclusione dell’attività imprenditoriale contraria all’interesse della società e alla realizzazione di una parità anche sostanziale dei cittadini, in un quadro di solidarietà e di sicurezza in fatto di lavoro, reddito, servizi, pensioni».
Come siamo ridotti oggi è evidente: siamo in balia di un «casinò speculativo», che in pratica comanda il paese da piattaforme finanziarie estere attraverso il potere del rating e della manipolazione dei mercati, decidendo irresponsabilmente e insindacabilmente come si debba vivere, morire e governare. «E’ un disegno eversivo della Costituzione», totalmente illecito. E ad esso «hanno collaborato attivamente quasi tutti i “rappresentanti” del popolo, soprattutto la sinistra parlamentare: senza farlo capire al popolo, ovviamente». Ed è proprio qui, insiste Della Luna, che sta «il conflitto di interessi vero: l’incompatibilità assoluta con le cariche pubbliche», laddove politici e partiti sono stati completamente infiltrati dalla finanza, o sono addirittura operatori di primo piano del grande capitale finanziario. Quindi: «I veri e primi incandidabili, ineleggibili e portatori diconflitto di interessi sono proprio i leader della sinistra, assieme a Monti e Draghi: tra i vivi, Prodi, Bersani, Amato».
Nessuna “luce in fondo al tunnel”, purtroppo: «L’Italia è vicina alla fine, lo ha detto anche Squinzi il 24 marzo parlando al premier incaricato Bersani. Gli indici sono tutti al peggio, e vengono frequentemente corretti al peggioramento. Non vi è outlook di ripresa. Le migliori risorse del paese – capitali, imprenditori, cervelli – se ne sono andate o se ne stanno andando. Chi dice che l’Italia stia riprendendosi, o è pazzo o mente». Secondo la tesi ideologica adottata dalle istituzioni monetarie e dall’Unione Europea, oltre che da quasi tutta la politica che si candida a governare, devota alla teologia del pensiero unico, il libero mercato realizzerebbe “spontaneamente” l’ottimale impiego delle risorse e l’ottimale distribuzione dei redditi. E inoltre preverrebbe oriassorbirebbe le crisi “automaticamente”, con un prodigioso colpo di bacchetta magica.
«I fatti hanno clamorosamente smentito questa tesi». In realtà non esiste nessun “libero mercato” non esiste, perché «per essere libero un mercato dovrebbe essere trasparente, cioè con operatori visibili». I mercati sono invece «dominati, cioè manipolati, da cartelli di soggetti che approfittano di enormi asimmetrie informative, anche in fatto di tecnologie, che si mantengono opachi: anche Fmi, Bce, Ue, TesoroUsa, hedge funds, grandi banche». Poteri forti che «influenzano, pagandole o ricattandole, le funzioni politiche». Durerà in eterno? Questo no: «Anche il capitalismo finanziario assoluto si romperà», conclude Della Luna, «perché il tipo di mondo che costruisce per massimizzare la propria efficienza è incompatibile con la vita umana: troppa incertezza, violenza, mutevolezza». E poi è un’accelerazione troppo veloce: persino i suoi dominus onnipotenti potrebbero perderne il controllo.
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