spirito critico

PENSATOIO DI IDEE

venerdì 19 aprile 2013


LA DITTATURA DELLA DEMOCRAZIA


lemmings-invadono-la-vita-realeChe cos’è la democrazia?
E’ il governo dei rappresentanti del popolo, eletti periodicamente. Non è il governo “del” popolo ma “per” il popolo, in cui il popolo è attivo solo nel momento in cui va a votare: cosa che avviene nel corso delle elezioni amministrative o politiche. Un altro momento in cui il popolo si esprime direttamente col voto è quello del referendum abrogativo di leggi o, più spesso, di articoli di leggi già in vigore.
In genere nei paesi cosiddetti “democratici” la democrazia non è che la possibilità di votare chi di fatto governerà per conto proprio, anche se di diritto o formalmente egli governerà per conto del popolo, o se si vuole per conto dei cittadini aventi diritto di voto e che hanno esercitato effettivamente questo diritto (negli Usa p.es. solo la metà degli elettori partecipa alle elezioni dei candidati alla presidenza, sicché chi viene eletto si trova ad avere un consenso esplicito solo da parte di un quarto della nazione).
Un parlamentare dovrebbe sentirsi in dovere di render conto del proprio mandato agli elettori che l’hanno votato. Ma, a parte il fatto che la legge stessa gli garantisce ampie immunità e privilegi, questo è vero solo teoricamente, in quanto di fatto il parlamentare agisce in piena autonomia, pur sapendo di rischiare di non essere rieletto se non soddisfa determinate richieste del proprio elettorato.
Non a caso il parlamentare non può essere chiamato a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle sue funzioni; egli non ha nessuna responsabilità penale, civile, amministrativa o patrimoniale per tali attività. Nessun parlamentare può essere perquisito, arrestato, processato senza l’autorizzazione (che, dopo la riforma costituzionale dell’ottobre 1993, non è invece richiesta per condurre un’indagine nei suoi confronti) della Camera cui appartiene, a meno che non si sia in presenza di una sentenza irrevocabile di condanna o della flagranza del reato. Solo allo scadere del mandato parlamentare, il deputato o il senatore perdono il diritto all’immunità e tornano a essere come tutti gli altri cittadini, quindi perseguibili per i reati eventualmente commessi.
Questa regola, che oggi appare come una sorta di “impunità parlamentare”, fu particolarmente rigida nella Costituzione italiana del 1948 per reazione ai soprusi commessi dal fascismo contro i deputati d’opposizione. Una regola giusta in un regime autoritario s’è trasformata in una regola ingiusta in un sistema democratico.
In questa maniera infatti, l’accesso al parlamento è diventato un’àncora di salvezza per i trasgressori della legge, una sorta di via di fuga per coloro che intendono sottrarsi ad un giusto processo. Finché resta in carica il parlamentare ha tutti gli strumenti per gestire al meglio la propria situazione a delinquere: un supporto economico considerevole, la possibilità di una sua rielezione e, soprattutto, la possibilità di incidere con una legge ad personam sulla propria posizione nei confronti della giustizia. Di qui l’accusa rivolta ai parlamentari di essere una “casta di intoccabili”.
Che cos’è il voto?
Il voto, specie quello di preferenza per uno specifico candidato, dovrebbe essere una sorta di “patto” tra un elemento forte: il popolo, e un elemento provvisorio: il parlamentare, il cui mandato può essere confermato o revocato.
Nella pratica il voto è soltanto un rituale formale, che serve a confermare un potere politico-parlamentare che agisce separatamente dalla società che dovrebbe rappresentare. Sotto questo aspetto votare un partito o un altro, una coalizione di partiti o un’altra non fa molta differenza. Il voto serve soltanto per ribadire una stretta dipendenza della società nei confronti dello Stato. La dipendenza è spesso rafforzata dal fatto che al momento del voto gli elettori sono costretti a scegliere tra candidati preventivamente decisi dai partiti, quando addirittura non possono neppure scegliere i candidati ma soltanto le coalizioni di appartenenza.
Per la politica dei parlamentari il popolo non è sovrano ma “bue”, e i politici altro non sono che sirene ammaliatrici, che inducono il bue ad accettare i sacrifici più gravosi.
Qual è in genere la giustificazione che i politici danno al fatto che la democrazia può essere solo “delegata”? Il motivo sta nel numero dei componenti di una popolazione, che negli Stati nazionali è ovviamente molto alto. La democrazia infatti è la tipica forma di governo degli Stati nazionali.
Che questi Stati siano centralisti o federalisti, sotto questo aspetto, non fa molta differenza, poiché in nessun caso viene mai messo in discussione il principio della delega. La democrazia ha la scopo di far governare i pochi sui molti. E’ in tal senso una forma di oligarchia, ma con la differenza che al momento del voto non si fanno più differenze di censo, di sesso o altro.
Uno dei principali compiti della propaganda dei media occidentali è proprio quello di far credere che nei propri Stati nazionali la democrazia è un tipo di governo voluto espressamente dalla stragrande maggioranza dei cittadini. Una volontà che si manifesta appunto nel fatto che il popolo va a votare in tutti gli organi dello Stato, da quelli centrali a quelli periferici (da quest’ultimi vanno però escluse le prefetture, le questure, le preture ecc., che sono dirette emanazioni dello Stato).
Dunque che il governo dei pochi eletti sui molti elettori avvenga in una porzione di territorio grande o piccola, locale o nazionale, federata o centralista, significa in sostanza la stessa cosa. In tutte le civiltà antagoniste, basate sullo scontro delle classi sociali, le più importanti delle quali sono gli imprenditori di beni mobili e immobili e i dipendenti salariati e stipendiati, la democrazia parlamentare, delegata o indiretta, è la forma più mistificata della dittatura dei poteri forti.
Generalmente quando in uno Stato centralista si parla di federalismo è perché in periferia i poteri forti dell’economia vogliono rivendicare un maggiore protagonismo politico. E’ una richiesta di maggiore democrazia nei confronti dello Stato centralista, ma nel territorio locale questa esigenza spesso si traduce nell’affermazione di una maggiore libertà di manovra da parte dei padroni dell’economia e della finanza. Il federalismo infatti non mette mai in discussione il sistema capitalistico: “capitalismo” ormai è diventata per tutti una parola tabù.
Che cosa significa “governo del popolo”?
Significa il contrario della democrazia parlamentare, e cioè che il popolo, là dove vive, decide la soluzione dei problemi che incontra. La decide per conto proprio, senza delegare nessuno; oppure, in caso di delega, questa è sempre a termine, per un mandato specifico: oltre una certa scadenza, oppure una volta esaurito il compito, il delegato decade dalla propria nomina o elezione.
Durante il proprio mandato il delegato deve periodicamente rendere conto agli eletti del proprio operato. Il mandato non può essere troppo lungo, altrimenti il popolo si disabitua a governare se stesso. Generalmente si sceglie la soluzione del mandato solo in casi molto particolari, quando non si può fare diversamente, quando è più semplice o più conveniente fare così, senza che con questo si voglia stabilire alcuna regola di carattere generale.
Il principio della democrazia del popolo è infatti molto chiaro: o la democrazia è diretta o non è. Le eccezioni possono essere tollerate solo a condizione che restino tali.
Stando le cose in questi termini è evidente che la democrazia diretta può essere esercitata solo in porzioni di territorio molto ristrette. Anzi, quanto più il territorio s’allarga tanto meno la democrazia può essere diretta. Se noi diciamo che l’unico potere forte dev’essere il popolo che decide la soluzione dei propri problemi, è evidente che i poteri particolari di determinati gruppi o ceti o classi sociali, devono essere tenuti sotto stretto controllo. Certo, non si può impedire a qualcuno di prevaricare; occorre però assicurare al popolo gli strumenti per potersi difendere.
Il massimo della democrazia e dei suoi poteri decisionali va garantito a livello locale, cioè comunale, ivi incluse le realtà dei quartieri: le circoscrizioni in cui ogni Comune è suddiviso. Il quartiere è, se vogliamo, l’istanza principale della democrazia diretta. Quanta meno democrazia c’è a livello locale tanta più dittatura s’impone a livello nazionale.
Con questo non si vuol sostenere che la democrazia diretta è di per sé migliore di quella delegata. Infatti non bisogna mai dimenticare che parallelamente al concetto di democrazia politica va affermato anche quello di democrazia economica. Senza uguaglianza sociale, anche la democrazia diretta diventa un’espressione vuota di contenuto.
Democrazia popolare significa che è il popolo a decidere le sorti della propria vita, fin nei minimi particolari. Solo così è possibile rendersi conto che una propria azione sbagliata può avere ripercussioni negative sull’intero collettivo e che l’azione giusta di un collettivo può avere ripercussioni positive anche su chi individualmente non l’ha condivisa.

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