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domenica 14 luglio 2013

MPS, IL GRANDE IMBROGLIO.

Mps, l’altro scandalo: il trucco per imbrogliare Antitrust e Banca d’Italia





Nel 2009 la banca fa girare 100 milioni di euro su un conto corrente romano per evitare multe dopo la fusione con Antonveneta. L'Istituto di Siena chiede aiuto alla Fondazione azionista per aggirare i paletti sulla concorrenza. E nessuno se ne accorge.


Mps, l’altro scandalo: il trucco per imbrogliare Antitrust e Banca d’Italia
I pronti contro termine.

Dalle carte dei pm senesi (Antonino Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso) risulta che tra novembre e dicembre 2009 i vertici del Montepaschi organizzarono un complesso movimento di denaro dei clienti da una città all’altra, all’apparente scopo di trarre in inganno la Banca d’Italia e l’autorità Antitrust. La storia va ricostruita perché finora lo scandalo senese ci ha raccontato manovre spericolate e, secondo la procura senese, illecite per occultare le difficoltà della banca. In questo caso, invece, pare di assistere a una gratuita e disinvolta furbata per ingannare Banca d’Italia e Antitrust. La vicenda è sul tavolo dei magistrati senesi.
Il 27 novembre 2009 il direttore amministrativo del Monte, Attilio Di Cunto, telefona a Lorenzo Biscardi, alto dirigente della Fondazione Mps,azionistadicontrollo della banca. Dice Di Cunto: “Bisognerebbe far aprire alla filiale del Monte a Roma un conto corrente intestato alla Fondazione nella quale far trasferire cento milioni di nostri Pct [pronti contro termine, ndr] che al momento abbiamo sulla filiale di Siena, invece di farli sulla filiale di Siena si trasferiscono cento milioni sulla filiale di Roma, questo gli serve perché ai livelli Antitrust per voler far le statistiche…”. Biscardi sembra già informato della cosa, e spiega: “Marco ci ha chiesto codesta… come ti posso dire codesta… ci ha posto la domanda: se e che quando potevamo trasferire su un conto corrente a Roma o a Milano per i motivi dell’Antitrust e quant’altro, perché non si può avere piu del 58% e via andare…”.
La quota di mercato.

Spiegazione del dialogo. Quando Montepaschi acquista l’Antonveneta, l’Antitrust autorizza l’operazione (potenzialmente dannosa per la concorrenza) in cambio di precisi impegni del Monte dei Paschi a ridurre il proprio dominio sul mercato soprattutto toscano. Saranno venduti numerosi sportelli nella regione e, in particolare, la banca si impegna a ridurre la propria quota di mercato nella provincia di Siena dal 65-70 per cento dei depositi al 58 per cento. Gli ispettori della Banca d’Italia, per conto dell’Antitrust, devono rilevare a fine 2009 se davvero il Montepaschi sia sceso sotto il 58 per cento della raccolta nella provincia. Il Marco che, come dice Biscardi, “ci ha chiesto codesta…”, è presumibilmente il suo capo, Marco Parlangeli, allora direttore generale della Fondazione Mps, ma anche consigliere d’amministrazione di Mediobanca e del fondo pubblico F2i. Dunque il Montepaschi deve superare l’esame Antitrust e chiede a un cliente fidato come la Fondazione (padrona della banca) di spostare i suoi soldi da Siena a Roma, per far risultare più bassi i depositi a Siena. Si noti che la controllata ordina e la controllante e cliente esegue. Biscardi solleva un problema, a lui quei 100 milioni servono a Siena. Dice: “Se ce li vuoi tenere i cento milioni da qui al sedici di dicembre va bene, però poi vanno riportati”. Di Cunto replica pronto: “Loro la rilevazione la fanno alsette di dicembre”. Biscardi si rischiara: “Ah… allora va bene, si può fare…”. Di Cunto ribadisce: “La rilevazione la fanno il 7 di dicembre … quindi… l’importante è che il 7 di dicembre figurino cento milioni la sopra”.
I magistrati intercettano questa telefonata a fine novembre, e accertano che in effetti la Fondazione ha aperto in tutta fretta, nel giro di tre giorni, il conto a Roma. Interrogano qualche mese dopo Roberto Bianchini, vicedirettore della filiale di Siena del Montepaschi, che così testimonia: “La richiesta specifica fu quella di azzerare il c/c di Siena riversando il saldo intero sul conto appena aperto a Roma (…). Non so dirle il motivo di tale operazione e perché ci fosse tale fretta potrei solo fare supposizione e non mi pare quindi opportuno riferire opinioni personali”. Poi aggiunge: “Per quel che ricordo analoga operazione è stata compiuta su una società del gruppo che si occupa di partecipazioni con sede a Siena mi pare sia la Mps Capital Service ma non ne sono sicuro; in quel caso ricordo che fu attivato un c/c su Milano ove tra l’altro la società in questione già operava da tempo in titoli parte dei quali depositati già a Milano…”.
La rilevazione di Bankitalia

Il 7 dicembre dunque la Banca d’Italia rileva i dati, e può comunicare all’Antitrust che il Monte dei Paschi è effettivamente nei limiti imposti. I magistrati a quel punto si chiedono se non ci sia qualcosa di strano in quel tramestio di conti correnti su e giù per l’Italia “per voler far le statistiche”. E chiedono ragguagli alla stessa Banca d’Italia, specificando che quei movimenti erano sicuramente da mettere in relazione con la necessità di Mps di adempiere entro il termine del 30 novembre 2009 (poi prorogato al 31 maggio successivo) all’obbligo di ridurre la quota di mercato dei depositi detenuta nella provincia di Siena.
La Banca d’Italia risponde che tutto sembra regolare, ma facendo riferimento solo ai movimenti dei soldi da una città all’altra, di per sé normali. A quanto pare i magistrati non avrebbero informato gli ispettori dipalazzo Koch e l’Antitrust delle intercettazioni agli atti, che, all’apparenza, darebbero alle stesse operazioni la luce particolare dell’ostacolo doloso alla vigilanza. Forse un reato, sicuramente un’altra pagina quanto meno di dubbia eleganza nella ormai sgarrupatissima storia del Monte dei Paschi. 
di Giorgio Meletti e Davide Vecchi
Da Il Fatto Quotidiano del 15 maggio 2013

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