spirito critico

PENSATOIO DI IDEE

sabato 12 ottobre 2013

LA PITONESSA SI CONFESSA

E la pitonessa isolata adesso
si sfoga: «C'è chi semina veleni»





I moderati del Pdl vogliono emarginarla, e anche la Pascale l'ha allontanata? «Fal-si-tà! I rapporti umani sono bellissimi»
Daniela Santanchè sta bene e manda a tutti un saluto rassicurante: non è vero che Angelino Alfano e i moderati del Pdl stanno cercando di emarginarla, è una balla colossale la storiella che Francesca Pascale, la fidanzata ufficiale del capo, le avrebbe gentilmente fatto capire di non essere più tanto gradita a Palazzo Grazioli, come un tempo.
Bisogna crederle? Probabilmente, no. La sua posizione è oggettivamente delicata, trova chiuse porte che prima erano spalancate; con il capo la frequentazione non è più quotidiana; gli avversari di partito sono minacciosi e, stavolta, fanno sul serio.

La politica è così. Sali, e scendi. Eppure lei è stata a lungo lassù. 
Continuare a mettere la Santanchè nel nido dei «falchi» era anzi diventato addirittura riduttivo. Lei era molto di più: e meritava un soprannome adeguato. Ci pensò, con un colpo di genio, Giuliano Ferrara. Che la battezzò: «Pitonessa». Qualcuno, naturalmente, capì fischio per fiasco. In un pomeriggio di sole, nel cortiletto di Montecitorio - mettendo su la sua caratteristica maschera, che non sai mai se è un ghigno di sfrontatezza o un sorriso di perfidia - toccò così proprio alla Santanchè prendersi la briga di spiegare bene: «Non per deludere i miei detrattori, però "pitonessa" non è la moglie del pitone, ma Pizia, detta appunto anche "la pitonessa", la sacerdotessa che, nel mondo greco, pronunciava gli oracoli in nome di Apollo». 
Apollo: intendendo Berlusconi. 
Perché era così, è stato così. 
Ovunque ci fosse il capo, c'era lei. Pranzi, cene, riunioni a qualsiasi ora del giorno e della notte (adesso, per dire, ha molto più tempo per sé e per la sua azienda). Bravissima a trasferire al Cavaliere quel senso di fedeltà estrema ma non ottusa e non banale: aveva sempre uno scatto, un guizzo, l'idea giusta per una provocazione, per rilanciare, per non arrendersi. Certe volte, all'improvviso, calava il silenzio e si sentiva solo la sua voce. 
Gli altri: Bondi - per indole - mite, conciliante, curiale. Verdini: più ruvido e operativo, l'uomo dei numeri, con l'incarico di serrare i ranghi. Capezzone: sempre impegnato a dichiararsi d'accordo (e a non farsi mordere da Dudù, il barboncino di palazzo). Ghedini: l'avvocato che conosce le carte giudiziarie - affari e sesso, corruzione e bunga bunga, potere e passione - il legale necessario a interpretare i confini tra politica e legge; quindi gelido e di poche, taglienti parole. 
Lei, la Santanchè, era un'altra cosa. 
Paga questo. Rapporti scaltri ma su uno sfondo di lealtà con pochi selezionati cronisti (per sapere cosa accadeva intorno alla scrivania del Cavaliere, ad un certo punto, erano obbligati a farle una telefonata); mediaticamente - soprattutto da Santoro e da Vespa - una tigre capace si scuotere gli animi dei berluscones più delusi. E poi sempre quella sua energia quasi irritante, quel suo passo di carica, in capolavori di equilibrio, anche sui marmi lucidi del Transatlantico, e poi, ancora, quella sua capacità di esserci fisicamente quando con il dito medio alzato salutava i manifestanti, quando scendeva dal Suv ed entrava al Billionaire del suo amico e socio Flavio Briatore, quando per il capo andava a presidiare il Palazzo di Giustizia di Milano, o quando, sempre per il capo, per farlo contento, andava a fare jogging con Francesca Pascale (memorabili restano le immagini della scorsa primavera, sulle stradine della Costa Smeralda, con loro due in tutina e scarpette). 
«Ma perché, scusi, non capisco: adesso cosa sarebbe successo di così straordinario, di nuovo, di clamoroso?».

Lei non legge i giornali, onorevole Santanchè?
«Ma certo che li leggo, li leggo tutti... e tutti, più o meno, raccontano falsità!».

Va bene, così è facile.
«No! È la verità! Lo capisce anche lei che a qualcuno, in questo momento, conviene seminare veleni, no?».

Però lei a Palazzo Grazioli entra con minor frequenza di prima, i rapporti con Berlusconi non sono più quotidiani e... 
«Sciocchezze! Noi siamo una comunità... Ci sono legami umani fortissimi...».

Sarà. A Palazzo Grazioli un po' di cosucce eloquenti sarebbero comunque accadute... 
«Tipo?».
Tipo che la Carfagna e la De Girolamo si sono messe a litigare e la Pascale le ha accompagnate alla porta. Stesso trattamento riservato a Verdini. E anche lei, onorevole, dicono che... 
«Fal-si-tà! Capito? Fal-si-tà! Guardi che la famiglia Berlusconi è una famiglia per bene, educatissima...».

Quindi i suoi rapporti con il Cavaliere continuano ad essere ottimi?
«Certo! Ma che dubbi ha? No, dico: capisco che lei deve fare il suo lavoro, e la ringrazio per avermi cercata, però, davvero, rincorrere simili bugie...». 
(È in grande difficoltà: però, a giudicare dalla grinta, è chiaro che scherzava l'altro giorno quando disse a Berlusconi d'essere pronta a mettere la sua testa bionda su un piatto d'argento pur di placare il risentimento di Angelino Alfano).

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