spirito critico

PENSATOIO DI IDEE

giovedì 3 ottobre 2013

NEL PDL GUERRA TRA FALCHI E COLOMBE

Pdl, Silvio Berlusconi non riesce a mediare. Alfano chiede la testa di Verdini, Bondi, Santanchè, Brunetta e Sallusti






Pare impossibile la mediazione. Anche per Silvio Berlusconi. Per la prima volta gli uomini non rispondono più al Capo. L’ex premier chiede una sospensione delle ostilità: “Fermatevi - ripete a falchi e colombe - una scissione indebolisce tutti”. Provato da notti insonni, esausto anche per le urla che non gli danno tregua a palazzo Grazioli, sente di non riuscire più a mediare.

È quando nel corso dell’ennesimo faccia a faccia Alfano mette sul tavolo le sue condizioni che Berlusconi capisce che è finita: “Angelino, lo sai meglio di me. Mi stai chiedendo troppo”. Perché le condizioni sono irricevibili. Suonano come un ultimatum, altrimenti è scissione. La colomba ha cambiato penne, mostra il volto duro, fa le l’elenco delle teste che vuole che saltino nel partito: “Voglio tutto”, dice.

Tutto significa il controllo totale del partito: un’epurazione per far rientrare una scissione. Le teste da far rotolare sono quelle di Denis Verdini, Sandro Bondi e Daniela Santanchè. È la tolda di comando di questi mesi, e anche di questi anni. Verdini è la testa e il braccio operativo delle operazioni più spregiudicate: “Sai bene – dice Berlusconi – che non farò fuori Denis. Se mi chiedi questo significa che vuoi rompere”. Alfano è un muro, non forza sui tempi, complice l’Apocalisse di Lampedusa. Chiede ai suoi di non rilasciare dichiarazioni incendiarie sui nuovi gruppi, per non dare l’idea che si sta perseguendo una scissione. Ma nella sostanza non arretra. Berlusconi è di ghiaccio quando il suo ex delfino senza quid chiede la sostituzione di Brunetta con Cicchitto alla guida dei parlamentari. È il segnale, uno dei tanti, dell’asse con Enrico Letta. Perché sia il premier sia Saccomanni considerano Brunetta una specie di calamità naturale.

È un dialogo tesissimo, quello tra Berlusconi e Alfano. Con momenti aspri. Si materializza lo spettro di Fini, del suo modo di affrontare Berlusconi quando Alfano prende di mira gli house organ del Cavaliere: “Per la tregua servono segnali concreti. Sallusti non può stare lì a dirigere un giornale che dovrebbe essere del partito”. Per Berlusconi è impossibile dire io non c’entro. Alfano era con lui ai tempi della casa di Montecarlo, sa come funzionano le cose: “Si sa – dice un alfaniano di ferro – come vanno le cose. Prima di rompere ci blandiscono, poi inizia il dossier aggio e il metodo Boffo”.

Il Cavaliere prende tempo. Ci prova. Confida ai suoi che la mediazione gli sembra impossibile. Angelino tratta col coltello in mano. Si frantumano antiche certezze, sembra che gli uomini più fidati siano diventati degli sconosciuti. A palazzo Madama si sgretolano i numeri. I senatori siciliani sono con Alfano, così come i calabresi, i campani, i piemontesi, e mezzo Lazio legato agli ex An. Il pallottoliere dice che su 91 senatori, con Berlusconi ce ne sono una cinquantina. E in caso di scissione è pronto a mollare il Cavaliere anche il capogruppo Renato Schifani. Per la prima volta Berlusconi va a palazzo Madama per un colloquio, chiedendogli fermare la macchina infernale, consapevole che, nel colloquio, si sta celebrando una separazione.

L’ex premier si sente sulla striscia di Gaza. Attorno, si spara. E la tregua è solo l’intervallo tra una raffica e l’altra. Ecco che i cosiddetti lealisti organizzano un blitz per raccogliere le firme di un gruppo “Forza Italia – Pdl per Silvio Berlusconi presidente” con l’obiettivo di anticipare Alfano nella conta. La riunione è prevista per le 13, e solo l’Apocalisse di Lampedusa consente a Berlusconi di prendere tempo ed evitare che si celebri la scissione del Pdl. Ma la raccolta firme va avanti e a sera i lealisti ne portano cento a palazzo Grazioli. Ci sono Fitto, Gelmini, Polverini, Carfagna, Galan, Santanchè, Capezzone, Bondi, Verdini. I freni non funzionano più. E Berlusconi non riesce a fermare la macchina della scissione.









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