spirito critico

PENSATOIO DI IDEE

venerdì 18 ottobre 2013

SCELTA CIVICA SPACCATA, MONTI SI DIMETTE

Scelta Civica, Monti si dimette da presidente: “Undici senatori contro di me”







“Rassegno le dimissioni da presidente di Scelta Civica”. Finisce con l’addio al movimento da lui stesso fondato, la parabola politica dell’ex primo ministro Mario Monti. Il tecnico in loden, accolto con tutti gli onori da stampa e politica internazionale all’indomani della caduta del governo Berlusconi nel novembre 2011, incassa una nuova delusione dopo la chiusura frettolosa della sua parentesi a Palazzo Chigi e dopo il tonfo elettorale. “Mi hanno tradito in undici”, accusa il senatore di Varese. Undici senatori del suo stesso gruppo, accusati aver voluto sostenere il governo anche sulla legge di stabilità, negando quelle criticità che lui stesso aveva voluto sottolineare. Hanno presentato un documento che il professore ha accolto come una mozione di sfiducia. “Ne prendo atto”, ha dichiarato, e da domani lascia la carica nelle mani di Alberto Bombassei e chiederà l’iscrizione al gruppo misto. Monti prende le distanze soprattutto dal ministro della difesa Mauro: “Ha preconizzato da una parte una linea di appoggio incondizionato al Governo e dall’altra un soggetto politico dai contorni indefiniti ma, a quanto è dato capire, aperto anche a forze caratterizzate da valori, visioni e prassi di governo inconciliabili con i valori, la visione e lo stile di governo per i quali Scelta Civica è nata”. E il vice presidente vicario di SC, Alberto Bombassei, si appresta a convocare un’assemblea plenaria dei deputati e senatori, insieme agli organi di partito. La riunione si terrà martedì alle 12 alla Camera.
Se ne va così Monti, abbandonato dai suoi sulla via del tramonto. Eppure le premesse, solo due anni fa, erano ben diverse. Elogiato da uomo super partes, nominato da Napolitano senatore a vita (quasi una benedizione per la successione alla presidenza della Repubblica), nel giro di pochi giorni diventato eroe di Stato e salutato come uomo della provvidenza chiamato a tirare fuori il paese dal pantano berlusconiano, dopo un anno a palazzo Chigi scelse la candidatura alle elezioni. “Salgo in politica”, disse, con una foto su Twitter che non gli avrebbe portato molta fortuna. Il disastro della campagna elettorale è solo il continuo della storia, il risultato delle elezioni, che lo rese ininfluente ai fini della successiva maggioranza, fu l’inizio dell’oblio. Proseguito con le tensioni con Napolitano per la poltrona della presidenza di Palazzo Madama, fino alle indiscrezioni di una telefonata fatta a Romano Prodi mentre ancora si decideva chi mandare al Quirinale: “Il mio appoggio in cambio del mantenimento del mio ruolo politico”. Questo avrebbe chiesto Monti, in quei giorni che ormai lo portavano verso la chiusura di un capitolo. Ora la decisione di abbandonare il suo partito. 
“Undici senatori”, spiega il senatore a vita, “appartenenti al Gruppo di Scelta Civica – Albertini, Casini, De Poli, Di Biagio, Di Maggio, D’Onghia, Luigi Marino, Merloni, Olivero, Lucio Romano, Maurizio Rossi – hanno rilasciato una loro dichiarazione congiunta. Non posso non intendere la dichiarazione come una mozione di sfiducia nei miei confronti. Ne prendo atto”.  Lo scontro, secondo il racconto del senatore, sarebbe avvenuto durante una discussione interna sulla legge di stabilità: “Ho avuto scambi di opinioni all’interno di Scelta Civica, in particolare con i presidenti dei Gruppi parlamentari al Senato (Susta) e alla Camera (Dellai), con i responsabili economici (Lanzillotta, Ichino, Zanetti) e con il portavoce politico (Della Vedova). Su tale base, nella serata di ieri ho rilasciato una dichiarazione come presidente di Scelta civica. Vi si esprimeva una prima valutazione, secondo la quale il ddl Stabilità appare soddisfacente quanto al rispetto dei vincoli europei, timido per quanto riguarda la riduzione delle tasse, insoddisfacente per quanto riguarda l’orientamento alla crescita”, sottolinea Monti. “In merito alla maggiore carenza riscontrabile a questo stadio, la mancanza di riforme strutturali incisive, indispensabili per la crescita, si richiamavano le proposte offerte alla considerazione del presidente Letta in un documento. Pure nella serata di ieri, quattordici deputati di Sc hanno diffuso una loro nota congiunta, sostanzialmente in linea con la mia dichiarazione”.

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